Piero Vercelli
La Sindone nella sua struttura tessile
Effatà, 2010, pp. 126, €18,00
Recensione
L'autore è un esperto tessile che ha collaborato con la Curia di Torino fabbricando un tessuto-sosia che è stato usato durante il restauro della Sindone nel 2002. Nel 1997 ha potuto esaminare il “campione di riserva” conservato a Torino. Da un suo libro ci si aspetta che fornisca informazioni utili sul problema di come tecnicamente il telo della Sindone sia stato fabbricato e su quale sia una probabile epoca di fabbricazione.
Sulla copertina si legge: “Confronto con altri tessuti antichi e loro metodo di produzione”. In quarta di copertina sono elencate alcune domande a cui il libro risponde, fra cui queste: “Era possibile costruire il tessuto con il particolare effetto a 'spina di pesce' con le conoscenze tessili e i telai del tempo di Cristo? Ci sono riferimenti al disegno a spina di pesce in altri tessuti o in altre arti risalenti all'epoca di Cristo?”
Sono domande interessanti. Ed ecco la risposta conclusiva alla fine dell'ultimo capitolo (p. 114-115):
«Posso quindi affermare che, a seguito di quanto fino ad ora esposto, il tessuto della Sindone può essere stato prodotto nella sua altezza, nella sua larghezza, nella sua lunghezza e con quel disegno particolare a spina di pesce in un'epoca contemporanea alla vita di Cristo essendo compatibile con gli strumenti e le tecniche conosciute e utilizzate in quel periodo storico.»
Sarebbe davvero una conclusione interessante! Ma leggendo il libro non ho trovato prove o indizi che conducano a una tale conclusione.
Vercelli sembra essere convinto in partenza che la Sindone risalga all'epoca di Cristo. Per capire quale sia la sua posizione, basta citare questa frase relativa al codice Pray (p. 34):
«Osservando il tessuto [della Sindone] appare evidente un particolare molto interessante: si tratta del disegno a scaletta visibile maggiormente nella spina destrorsa e che ha la stessa conformazione di quello rappresentato nella miniatura del Codice Pray datato 1192. Si deduce pertanto che la riproduzione è avvenuta in seguito ad una attenta e precisa osservazione e non è frutto di immaginazione.»
Con questo biglietto da visita, non ci si può attendere che Vercelli fornisca una valutazione spassionata sulla possibilità o meno che il tessuto della Sindone venisse fabbricato all'epoca di Cristo oppure nel tardo medioevo.
Nel cercare di produrre prove dell'esistenza di tessuti simili alla Sindone in epoca antica, Vercelli cade nell'equivoco comune ai sindonologi, quello di mostrare esempi antichi di tessuto con andamenti diagonali, diciamo di tipo twill, anche se non si tratta in realtà di tessitura a spina di pesce (o spigato) in 3/1 (dove il filo di ordito passa sopra a tre fili di trama e sotto a uno). Questo è paradossale perché lui stesso spiega che si può fare un twill anche senza il 3/1. Inoltre specifica che per fare lo spigato in 3/1, come per la Sindone, si usano quattro licci indipendenti, mentre per tessuti twill che non sono uguali alla Sindone si può usare il 2/1 o il 2/2 e bastano tre licci oppure quattro licci ma collegati a due a due e non indipendenti. Sui quattro licci è esplicito (p. 118): “Nel tessuto esaminato [Sindone] occorrono 4 licci per formare l'intreccio a spina di pesce.”
Parlando di un telaio con quattro licci non indipendenti, dice (p. 90)
«Con questo telaio è agevole produrre la batavia 2/2 [...]. Con un opportuno passamento dei fili è possibile ottenere un disegno a spina di pesce che assomiglia ma non è uguale al disegno della Sindone.»
Ecco, “assomiglia” (il corsivo è suo) ma non è uguale. Eppure Vercelli fornisce solo esempi di tessuti antichi che, al più, assomigliano ma non sono uguali alla Sindone, e anzi dà anche esempi che non assomigliano nemmeno.
Sorprende anche che Vercelli sembri dare quei pochi esempi come se fossero delle rarità, mentre dovrebbe sapere che sono abbondanti, specialmente in Europa, i ritrovamenti di tessuti in twill risalenti anche a parecchi secoli prima di Cristo. Ci sono anche esempi di tessitura elaborata e complessa.
Vediamo, uno per uno, i suoi principali esempi. Li troviamo a p. 53-54 in una sezione col titolo: “Esempi di tessuti antichi: disegni a spina di pesce eseguiti su telai a 4 licci”. Comincia così:
«Dalle ricerche effettuate, non mi risulta che esistano disegni o raffigurazioni di telai antichi a 4 licci; tutto però mi lascia credere che l'abilità e l'ingegno dei nostri predecessori li abbia portati a compiere questa evoluzione naturale del telaio senza problemi e fin dai tempi molto antichi, come risulta dai campioni di tessuti riportati qui di seguito costruiti su telai a 4 licci.»
Se si parla di quattro licci, da supporre indipendenti, ci dobbiamo aspettare che vengano proposti esempi di tessuti in 3/1 analoghi alla Sindone.
Seguono cinque fotografie di reperti tessili. Ciascuna è accompagnata da una brevissima didascalia e non ci sono altre descrizioni nel testo. Si fatica a distinguere la struttura dei tessuti nelle riproduzioni delle fotografie che sono molto piccole e non nitide.
La prima illustrazione mostra tre frammenti di un tessuto con frange alle estremità. La didascalia dice:
«Campioni di tessuto ritrovati ad Armoy, County Antrim, Irlanda del Nord. Periodo: tarda età del bronzo, 1300-700 a.C. (E.J.W. Barber, Prehistoric Textile[s]).»
Ho cercato la figura nel libro citato di Elizabeth Barber, Prehistoric Textiles (1991). Si trova a p. 196. È una fascia o cintura in crine di cavallo. In didascalia alla figura, la Barber scrive: “done in twill with elaborate fringes”. A p. 195 dice che è in “displaced herringbone twill”. La data indicata è fra 750 e 600 a.C. Non c'è accenno che si tratti di un tessuto 3/1.
La seconda figura mostra un rettangolo di tessuto scuro:
«Campione di un tessuto trovato in Scandinavia e datato III secolo d.C. (Lise Bender Jorgensen, North European Textiles until AD 1000).»
Non dispongo del libro della Jorgensen ma alcuni capitoli della stessa autrice si trovano nel primo volume di The Cambridge History of Western Textiles, a cura di David T. Jenkins (2003). A p. 97, appunto in un capitolo della Jorgensen, c'è la fotografia di un tessuto simile, datato al III secolo d.C. e trovato in Danimarca. Viene indicato come “Spin-patterned wool twill”, che non ha niente a che fare con un 3/1.
Nella terza illustrazione di Vercelli si vede un tessuto decorato con motivi geometrici che si ripetono su tutta la superficie. La didascalia:
«Campione di tessuto diagonale (“pied de poule”) ritrovato a Gerumsberg, Svezia. Tardo II millennio a.C.»
Il riferimento bibliografico è ancora al libro della Barber, dove la stessa figura è a p. 193. Nella foto sul libro della Barber, che è più grande, si vede che quello che c'è di diagonale non ha alcuna somiglianza col tessuto della Sindone. La Barber nel testo parla di “checkered twill” e di “pointed twill with 8 scattered rows of goose-eye”.
Nella quarta figura di Vercelli c'è un brandello di tessuto con la didascalia:
«Campione di un tessuto BIRKA (levantina) ritrovato a Vinjum, Norvegia occidentale. Periodo merovingio, 350-600 d.C.»
Il riferimento è allo stesso libro della Jorgensen. Anche in questo caso, ho cercato nel libro curato da Jenkins. A p. 136, in un altro capitolo della Jorgensen, si trova una fotografia non identica ma analoga. Il tessuto è indicato come “Fine worsted diamond twill of the Birka type from Vinjum (fifth century)”. Birka è una città della Norvegia e i tessuti “tipo Birka” erano diffusi in Scandinavia nell'alto medioevo. Il termine “worsted” indica un tipo di lana (pettinata). Il “diamond twill” non è lo spigato della Sindone e si può fare in 2/2. L'aspetto non ha somiglianza con la Sindone.
Abbiamo così visto quattro delle cinque fotografie e non abbiamo trovato quello che ci aspettavamo. Si noterà anche che Vercelli ha preso i suoi esempi in Irlanda e in Scandinavia, non in Palestina.
L'ultima figura contiene accostate le fotografie di due tessuti malamente visibili, con la didascalia:
«II secolo d.C. Campioni di tessuti presi da due cuscini ritrovati nella necropoli di Antinoë (130-131 fino al V secolo della nostra era) scoperti da Gayet (Pietro Savio, Ricerche sul tessuto della Santa Sindone).»
I due cuscini sono citati anche da Gabriel Vial, un esperto tessile ben noto ai sindonologi perché partecipò al prelievo del campione per il radiocarbonio nel 1988. Era direttore del Musée Historique des Tissus a Lione. In occasione del prelievo esaminò il tessuto della Sindone e preparò una relazione tecnica che fu pubblicata nel 1989 su una rivista specializzata e fu anche presentata a un convegno di sindonologi. Vercelli conosce questa relazione perché la cita altrove nel libro. Facendo il confronto fra il tessuto della Sindone e altri tessuti, Vial nomina anche i due campioni di Antinoe e dice che sono in lana in 2/2, non 3/1. Vercelli si dimentica di dirlo e fa cinquina. [1]
Abbiamo visto che in questa sezione del libro, che doveva essere dedicata a esempi di tessuto in spigato 3/1, non ne abbiamo trovati. Né ce ne sono in altre parti del libro. Dirò che non mi sembrerebbe strano se nei reperti antichi in twill, con tanta varietà di fantasiose elaborazioni che si incontrano, ci fosse anche qualche esempio di 3/1 (e allora resterebbe poi da verificare se ci sono analogie con la Sindone anche per altri aspetti), ma Vercelli non ce lo dice.
Passiamo a vedere se Vercelli, da esperto, può spiegarci qualcosa sul metodo di tessitura e sul telaio usato per la Sindone. In un capitolo sulla “Storia della tessitura” fa alcuni esempi di telai a partire da modelli primitivi, poi come esempio più evoluto arriva a parlare del telaio orizzontale munito di pedali per il movimento dei licci. Porta l'esempio di un telaio medievale (p. 90) raffigurato in una miniatura che è riprodotta in bianco e nero (l'originale è a colori) nella pagina a fianco:
«Nel 1421 il Codice degli Umiliati, manoscritto conservato a Milano alla Biblioteca ambrosiana, raffigura un laboratorio di tessitura con un monaco che prepara l'ordito e un altro che tesse su un telaio orizzontale a pedali. Soltanto con l'avvento di questo tipo di telaio, dotato di carrucole e bilancieri, è stato possibile eseguire il disegno a saia simile a quello del tessuto della Sindone.»
Siamo dunque arrivati al telaio usato per la Sindone? No, secondo Vercelli, che aggiunge:
«Si presume, però, che il tessuto della Sindone, essendo noto alcuni secoli precedenti alla data del 1421, sia stato costruito su telai arcaici verticali con il movimento delle bacchette liccio effettuato a mano.»
A chi si riferisce quel “Si presume”? Ai sindonologi e a nessun altro!
Non è chiaro quando sia stato introdotto in Europa quel tipo di telaio, ma, a quanto mi sembra di aver capito, è possibile che fosse usato già dal secolo XIII. Ma Vercelli vuole collocare la Sindone all'epoca di Cristo e deve trovare un telaio del I secolo che sia adatto a fabbricarla. Se non ne trova di descritti o raffigurati in documenti antichi, può sempre creare un suo modello su misura (Vercelli mi scuserà per il sospetto!). Ha fatto disegnare a un illustratore il telaio che mostra anche in copertina. È un telaio verticale altissimo, quasi cinque metri facendo il confronto con le figure delle tessitrici. Da profano, non riesco a capire perché mai ci fosse bisogno di un telaio così alto, né Vercelli ce lo spiega.
Sorvoliamo su altri argomenti del libro. Vercelli descrive i risultati dell'esame tecnico sul “campione di riserva” custodito a Torino, già in parte pubblicati in passato. Esamina anche il “telo d'Olanda” che era cucito alla Sindone fino al recente restauro. Esamina poi dieci campioni di tessuti di mummie, forniti dal Museo Egizio di Torino, e non si vede la relazione con la Sindone perché sono tutti tessuti in semplice 1/1 con fili con torsione S anziché Z. Illustra con tavole a colori le fasi della lavorazione del lino. Spiega come ha fabbricato il tessuto-sosia, di cui è allegato un campioncino di 5 per 10 cm.
Gian Marco Rinaldi
[1] Albert Gayet (1856-1916) è l'archeologo francese che condusse scavi ad Antinoe (Beni Hasan in Egitto) negli anni a cavallo del 1900. Vercelli torna a citarlo in un altro capitolo (p. 95):
«[Pietro Savio] afferma inoltre che negli scavi di Antinoe (1897-1902) l'archeologo Albert Gayet scoprì la necropoli Antinoita. [...] In questi scavi vennero alla luce due cuscini con la guarnizione di tessuto a “spiga” o a “spina di pesce” classificati dal Guinet, che li studiò accuratamente, come appartenenti al II secolo. I frammenti sono attualmente conservati al Museo Guinet di Lione.»
Émile Guimet (non Guinet) (1836-1918) era un ricco industriale e un collezionista. Durante i suoi viaggi in Egitto e in Asia raccolse molto materiale e fra l'altro finanziò gli scavi di Gayet ad Antinoe. Nel 1879 fondò a Lione un museo al quale diede il suo nome. Se un sindonologo pensasse di andare a Lione per visionare quei due tessuti, rischierebbe di fare il viaggio a vuoto. L'originario Musée Guimet fu presto trasferito a Parigi, dove si trova ancora. Alla fine dell'ultima guerra, tutto il materiale egiziano del museo fu trasferito al Louvre. Oggi il Louvre possiede numerosi oggetti scoperti da Gayet (il quale peraltro alla sua morte donò molti reperti tessili a un museo di Digione). Aggiungo che a Lione c'era un vecchio Musée d'Histoire Naturelle che a un certo punto ha avuto associato nel titolo anche il nome di Guimet. Forse i nostri tessuti sono là, ma questo museo è oggi chiuso e il suo materiale dovrebbe passare a un nuovo museo in costruzione, il Musée des Confluences.
La Sindone nella sua struttura tessile
Effatà, 2010, pp. 126, €18,00
Recensione
L'autore è un esperto tessile che ha collaborato con la Curia di Torino fabbricando un tessuto-sosia che è stato usato durante il restauro della Sindone nel 2002. Nel 1997 ha potuto esaminare il “campione di riserva” conservato a Torino. Da un suo libro ci si aspetta che fornisca informazioni utili sul problema di come tecnicamente il telo della Sindone sia stato fabbricato e su quale sia una probabile epoca di fabbricazione.
Sulla copertina si legge: “Confronto con altri tessuti antichi e loro metodo di produzione”. In quarta di copertina sono elencate alcune domande a cui il libro risponde, fra cui queste: “Era possibile costruire il tessuto con il particolare effetto a 'spina di pesce' con le conoscenze tessili e i telai del tempo di Cristo? Ci sono riferimenti al disegno a spina di pesce in altri tessuti o in altre arti risalenti all'epoca di Cristo?”
Sono domande interessanti. Ed ecco la risposta conclusiva alla fine dell'ultimo capitolo (p. 114-115):
«Posso quindi affermare che, a seguito di quanto fino ad ora esposto, il tessuto della Sindone può essere stato prodotto nella sua altezza, nella sua larghezza, nella sua lunghezza e con quel disegno particolare a spina di pesce in un'epoca contemporanea alla vita di Cristo essendo compatibile con gli strumenti e le tecniche conosciute e utilizzate in quel periodo storico.»
Sarebbe davvero una conclusione interessante! Ma leggendo il libro non ho trovato prove o indizi che conducano a una tale conclusione.
Vercelli sembra essere convinto in partenza che la Sindone risalga all'epoca di Cristo. Per capire quale sia la sua posizione, basta citare questa frase relativa al codice Pray (p. 34):
«Osservando il tessuto [della Sindone] appare evidente un particolare molto interessante: si tratta del disegno a scaletta visibile maggiormente nella spina destrorsa e che ha la stessa conformazione di quello rappresentato nella miniatura del Codice Pray datato 1192. Si deduce pertanto che la riproduzione è avvenuta in seguito ad una attenta e precisa osservazione e non è frutto di immaginazione.»
Con questo biglietto da visita, non ci si può attendere che Vercelli fornisca una valutazione spassionata sulla possibilità o meno che il tessuto della Sindone venisse fabbricato all'epoca di Cristo oppure nel tardo medioevo.
Nel cercare di produrre prove dell'esistenza di tessuti simili alla Sindone in epoca antica, Vercelli cade nell'equivoco comune ai sindonologi, quello di mostrare esempi antichi di tessuto con andamenti diagonali, diciamo di tipo twill, anche se non si tratta in realtà di tessitura a spina di pesce (o spigato) in 3/1 (dove il filo di ordito passa sopra a tre fili di trama e sotto a uno). Questo è paradossale perché lui stesso spiega che si può fare un twill anche senza il 3/1. Inoltre specifica che per fare lo spigato in 3/1, come per la Sindone, si usano quattro licci indipendenti, mentre per tessuti twill che non sono uguali alla Sindone si può usare il 2/1 o il 2/2 e bastano tre licci oppure quattro licci ma collegati a due a due e non indipendenti. Sui quattro licci è esplicito (p. 118): “Nel tessuto esaminato [Sindone] occorrono 4 licci per formare l'intreccio a spina di pesce.”
Parlando di un telaio con quattro licci non indipendenti, dice (p. 90)
«Con questo telaio è agevole produrre la batavia 2/2 [...]. Con un opportuno passamento dei fili è possibile ottenere un disegno a spina di pesce che assomiglia ma non è uguale al disegno della Sindone.»
Ecco, “assomiglia” (il corsivo è suo) ma non è uguale. Eppure Vercelli fornisce solo esempi di tessuti antichi che, al più, assomigliano ma non sono uguali alla Sindone, e anzi dà anche esempi che non assomigliano nemmeno.
Sorprende anche che Vercelli sembri dare quei pochi esempi come se fossero delle rarità, mentre dovrebbe sapere che sono abbondanti, specialmente in Europa, i ritrovamenti di tessuti in twill risalenti anche a parecchi secoli prima di Cristo. Ci sono anche esempi di tessitura elaborata e complessa.
Vediamo, uno per uno, i suoi principali esempi. Li troviamo a p. 53-54 in una sezione col titolo: “Esempi di tessuti antichi: disegni a spina di pesce eseguiti su telai a 4 licci”. Comincia così:
«Dalle ricerche effettuate, non mi risulta che esistano disegni o raffigurazioni di telai antichi a 4 licci; tutto però mi lascia credere che l'abilità e l'ingegno dei nostri predecessori li abbia portati a compiere questa evoluzione naturale del telaio senza problemi e fin dai tempi molto antichi, come risulta dai campioni di tessuti riportati qui di seguito costruiti su telai a 4 licci.»
Se si parla di quattro licci, da supporre indipendenti, ci dobbiamo aspettare che vengano proposti esempi di tessuti in 3/1 analoghi alla Sindone.
Seguono cinque fotografie di reperti tessili. Ciascuna è accompagnata da una brevissima didascalia e non ci sono altre descrizioni nel testo. Si fatica a distinguere la struttura dei tessuti nelle riproduzioni delle fotografie che sono molto piccole e non nitide.
La prima illustrazione mostra tre frammenti di un tessuto con frange alle estremità. La didascalia dice:
«Campioni di tessuto ritrovati ad Armoy, County Antrim, Irlanda del Nord. Periodo: tarda età del bronzo, 1300-700 a.C. (E.J.W. Barber, Prehistoric Textile[s]).»
Ho cercato la figura nel libro citato di Elizabeth Barber, Prehistoric Textiles (1991). Si trova a p. 196. È una fascia o cintura in crine di cavallo. In didascalia alla figura, la Barber scrive: “done in twill with elaborate fringes”. A p. 195 dice che è in “displaced herringbone twill”. La data indicata è fra 750 e 600 a.C. Non c'è accenno che si tratti di un tessuto 3/1.
La seconda figura mostra un rettangolo di tessuto scuro:
«Campione di un tessuto trovato in Scandinavia e datato III secolo d.C. (Lise Bender Jorgensen, North European Textiles until AD 1000).»
Non dispongo del libro della Jorgensen ma alcuni capitoli della stessa autrice si trovano nel primo volume di The Cambridge History of Western Textiles, a cura di David T. Jenkins (2003). A p. 97, appunto in un capitolo della Jorgensen, c'è la fotografia di un tessuto simile, datato al III secolo d.C. e trovato in Danimarca. Viene indicato come “Spin-patterned wool twill”, che non ha niente a che fare con un 3/1.
Nella terza illustrazione di Vercelli si vede un tessuto decorato con motivi geometrici che si ripetono su tutta la superficie. La didascalia:
«Campione di tessuto diagonale (“pied de poule”) ritrovato a Gerumsberg, Svezia. Tardo II millennio a.C.»
Il riferimento bibliografico è ancora al libro della Barber, dove la stessa figura è a p. 193. Nella foto sul libro della Barber, che è più grande, si vede che quello che c'è di diagonale non ha alcuna somiglianza col tessuto della Sindone. La Barber nel testo parla di “checkered twill” e di “pointed twill with 8 scattered rows of goose-eye”.
Nella quarta figura di Vercelli c'è un brandello di tessuto con la didascalia:
«Campione di un tessuto BIRKA (levantina) ritrovato a Vinjum, Norvegia occidentale. Periodo merovingio, 350-600 d.C.»
Il riferimento è allo stesso libro della Jorgensen. Anche in questo caso, ho cercato nel libro curato da Jenkins. A p. 136, in un altro capitolo della Jorgensen, si trova una fotografia non identica ma analoga. Il tessuto è indicato come “Fine worsted diamond twill of the Birka type from Vinjum (fifth century)”. Birka è una città della Norvegia e i tessuti “tipo Birka” erano diffusi in Scandinavia nell'alto medioevo. Il termine “worsted” indica un tipo di lana (pettinata). Il “diamond twill” non è lo spigato della Sindone e si può fare in 2/2. L'aspetto non ha somiglianza con la Sindone.
Abbiamo così visto quattro delle cinque fotografie e non abbiamo trovato quello che ci aspettavamo. Si noterà anche che Vercelli ha preso i suoi esempi in Irlanda e in Scandinavia, non in Palestina.
L'ultima figura contiene accostate le fotografie di due tessuti malamente visibili, con la didascalia:
«II secolo d.C. Campioni di tessuti presi da due cuscini ritrovati nella necropoli di Antinoë (130-131 fino al V secolo della nostra era) scoperti da Gayet (Pietro Savio, Ricerche sul tessuto della Santa Sindone).»
I due cuscini sono citati anche da Gabriel Vial, un esperto tessile ben noto ai sindonologi perché partecipò al prelievo del campione per il radiocarbonio nel 1988. Era direttore del Musée Historique des Tissus a Lione. In occasione del prelievo esaminò il tessuto della Sindone e preparò una relazione tecnica che fu pubblicata nel 1989 su una rivista specializzata e fu anche presentata a un convegno di sindonologi. Vercelli conosce questa relazione perché la cita altrove nel libro. Facendo il confronto fra il tessuto della Sindone e altri tessuti, Vial nomina anche i due campioni di Antinoe e dice che sono in lana in 2/2, non 3/1. Vercelli si dimentica di dirlo e fa cinquina. [1]
Abbiamo visto che in questa sezione del libro, che doveva essere dedicata a esempi di tessuto in spigato 3/1, non ne abbiamo trovati. Né ce ne sono in altre parti del libro. Dirò che non mi sembrerebbe strano se nei reperti antichi in twill, con tanta varietà di fantasiose elaborazioni che si incontrano, ci fosse anche qualche esempio di 3/1 (e allora resterebbe poi da verificare se ci sono analogie con la Sindone anche per altri aspetti), ma Vercelli non ce lo dice.
Passiamo a vedere se Vercelli, da esperto, può spiegarci qualcosa sul metodo di tessitura e sul telaio usato per la Sindone. In un capitolo sulla “Storia della tessitura” fa alcuni esempi di telai a partire da modelli primitivi, poi come esempio più evoluto arriva a parlare del telaio orizzontale munito di pedali per il movimento dei licci. Porta l'esempio di un telaio medievale (p. 90) raffigurato in una miniatura che è riprodotta in bianco e nero (l'originale è a colori) nella pagina a fianco:
«Nel 1421 il Codice degli Umiliati, manoscritto conservato a Milano alla Biblioteca ambrosiana, raffigura un laboratorio di tessitura con un monaco che prepara l'ordito e un altro che tesse su un telaio orizzontale a pedali. Soltanto con l'avvento di questo tipo di telaio, dotato di carrucole e bilancieri, è stato possibile eseguire il disegno a saia simile a quello del tessuto della Sindone.»
Siamo dunque arrivati al telaio usato per la Sindone? No, secondo Vercelli, che aggiunge:
«Si presume, però, che il tessuto della Sindone, essendo noto alcuni secoli precedenti alla data del 1421, sia stato costruito su telai arcaici verticali con il movimento delle bacchette liccio effettuato a mano.»
A chi si riferisce quel “Si presume”? Ai sindonologi e a nessun altro!
Non è chiaro quando sia stato introdotto in Europa quel tipo di telaio, ma, a quanto mi sembra di aver capito, è possibile che fosse usato già dal secolo XIII. Ma Vercelli vuole collocare la Sindone all'epoca di Cristo e deve trovare un telaio del I secolo che sia adatto a fabbricarla. Se non ne trova di descritti o raffigurati in documenti antichi, può sempre creare un suo modello su misura (Vercelli mi scuserà per il sospetto!). Ha fatto disegnare a un illustratore il telaio che mostra anche in copertina. È un telaio verticale altissimo, quasi cinque metri facendo il confronto con le figure delle tessitrici. Da profano, non riesco a capire perché mai ci fosse bisogno di un telaio così alto, né Vercelli ce lo spiega.
Sorvoliamo su altri argomenti del libro. Vercelli descrive i risultati dell'esame tecnico sul “campione di riserva” custodito a Torino, già in parte pubblicati in passato. Esamina anche il “telo d'Olanda” che era cucito alla Sindone fino al recente restauro. Esamina poi dieci campioni di tessuti di mummie, forniti dal Museo Egizio di Torino, e non si vede la relazione con la Sindone perché sono tutti tessuti in semplice 1/1 con fili con torsione S anziché Z. Illustra con tavole a colori le fasi della lavorazione del lino. Spiega come ha fabbricato il tessuto-sosia, di cui è allegato un campioncino di 5 per 10 cm.
Gian Marco Rinaldi
[1] Albert Gayet (1856-1916) è l'archeologo francese che condusse scavi ad Antinoe (Beni Hasan in Egitto) negli anni a cavallo del 1900. Vercelli torna a citarlo in un altro capitolo (p. 95):
«[Pietro Savio] afferma inoltre che negli scavi di Antinoe (1897-1902) l'archeologo Albert Gayet scoprì la necropoli Antinoita. [...] In questi scavi vennero alla luce due cuscini con la guarnizione di tessuto a “spiga” o a “spina di pesce” classificati dal Guinet, che li studiò accuratamente, come appartenenti al II secolo. I frammenti sono attualmente conservati al Museo Guinet di Lione.»
Émile Guimet (non Guinet) (1836-1918) era un ricco industriale e un collezionista. Durante i suoi viaggi in Egitto e in Asia raccolse molto materiale e fra l'altro finanziò gli scavi di Gayet ad Antinoe. Nel 1879 fondò a Lione un museo al quale diede il suo nome. Se un sindonologo pensasse di andare a Lione per visionare quei due tessuti, rischierebbe di fare il viaggio a vuoto. L'originario Musée Guimet fu presto trasferito a Parigi, dove si trova ancora. Alla fine dell'ultima guerra, tutto il materiale egiziano del museo fu trasferito al Louvre. Oggi il Louvre possiede numerosi oggetti scoperti da Gayet (il quale peraltro alla sua morte donò molti reperti tessili a un museo di Digione). Aggiungo che a Lione c'era un vecchio Musée d'Histoire Naturelle che a un certo punto ha avuto associato nel titolo anche il nome di Guimet. Forse i nostri tessuti sono là, ma questo museo è oggi chiuso e il suo materiale dovrebbe passare a un nuovo museo in costruzione, il Musée des Confluences.