La Frale scopre un nuovo Vangelo. Trema il Vaticano?
Osservazioni su:
Barbara Frale, La sindone di Gesù Nazareno, Il Mulino [Biblioteca Storica], Bologna 2009. 376 pagine + 16 tavole fuori testo. 28 €.
di Gaetano Ciccone
Barbara Frale, nel suo ultimo libro che supera tutti i limiti della fantasia, è arrivata a una presa di posizione in
palese contrasto con il racconto evangelico sulla passione di Gesù. L’Archivista vaticana, infatti, riferisce di
aver trovato dei testi scritti su Gesù Cristo, risalenti a prima di qualsiasi tradizione cristiana, redatti da un
funzionario romano relativi alla condanna, esecuzione e sepoltura di Gesù. Secondo l’Archivista vaticana,
questo testo è stato scritto proprio all’ora nona del 15 di Nissan dell’anno 16 di Tiberio.
Ecco il passo più significativo, tratto dal suo ultimo libro:
Secondo l’analisi diplomatica era un documento composito e derivato: nasceva dalla sentenza
che il governatore romano aveva emesso in base alla denuncia scritta dal Sinedrio, e conteneva
dei passi estratti da entrambi questi atti. Il corpo fu dunque tirato giù dalla croce come ordinato e
passò sotto la responsabilità diretta del sepolcreto pubblico corredato di tutti i documenti necessari.
Poi devono essere intervenuti fattori imprevisti che hanno alterato il normale corso degli eventi [p.224].
Sempre secondo lo stesso libro ecco cosa successe dopo la deposizione di Gesù dalla croce:
Quanto ha lasciato traccia sulla sindone sembra indicare che questo crocifisso chiamato Yeshua
Nazarani, ucciso nella primavera di un anno imprecisato sotto il regno di Tiberio o di Claudio,
fu avvolto in un lenzuolo come voleva la Legge, composto in tutto e per tutto secondo le norme
vigenti e cioè preparato per sepoltura nella «tomba dei figli del popolo» secondo la procedura
usuale; sopra il suo corpo furono messi cartigli di papiro che ne indicavano le generalità e
altre informazioni necessarie [pp.222-3].
Ma i Vangeli espongono i fatti in altra maniera, inconciliabile con la precedente:
Dopo queste cose Giuseppe d’Arimatea, discepolo di Gesù, ma occulto, per timore dei Giudei,
chiese a Pilato di poter togliere il corpo di Gesù e Pilato lo permise. Venne adunque e tolse il corpo
di Gesù. E anche Nicodemo, quello che, da principio, era andato di notte da Gesù, venne portando
una mistura di mirra e d’aloe, quasi cento libbre [30 Kg]. Essi adunque presero il corpo di Gesù
e lo avvolsero in bende di lino con aromi, secondo il modo di seppellire in uso presso gli Ebrei
[Giovanni 19,38-40].
Secondo i Vangeli, furono dunque Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo a togliere Gesù dalla croce,
senza l’intervento di alcun funzionario romano e il cadavere fu da loro preparato con grande utilizzo
di unguenti costosi e l’uso di una ‘sindone monda’ per essere messo nel sepolcro nuovo di Giuseppe
di Arimatea e non fu affatto preparato da squallidi funzionari romani per essere messo nella fossa
comune.
Chi ha ragione, il Vangelo o la Frale?
Stia tranquillo il Vaticano. Sulla Sindone di Torino non esiste nessuna scritta, anche se scritte di
tutti i generi sono state annunciate sul Telo e altre, senza limiti, saranno trovate in futuro: una volta
che il gioco ‘trova la scritta’ è stato accettato per buono, chiunque si potrà sbizzarrire a ‘trovare’
la scritta più clamorosa; va bene qualsiasi foto, ingrandita e ritoccata a dovere.
Sull’ultimo numero di un giornale di esoterismo, cui la Frale non disdegna di collaborare, a nome
di un certo Giovanni Aquilanti, è già comparsa la scoperta dell’impronta di un sigillo bizantino sulla
Sindone, quello del protonotaio Michele. L’Autore dell’articolo, Aquilanti, è un personaggio di elevata
erudizione ma assolutamente ignoto nel mondo della Sindonologia. Egli racconta nell’articolo del
ritrovamento di questa impronta del sigillo con le stesse parole che la Frale usa nel suo libro a
pag.195. Soltanto che l’articolo è uscito prima del libro, a sottolineare una estrema vicinanza tra
Barbara Frale e Giovanni Aquilanti.
Oltre le scritte innumerevoli, altri segni e impronte sono stati visti sul Telo: tre o quattro monete
diverse, tutti gli strumenti della passione (chiodi, martello, tenaglie, canna, spugna, catene, corde.
flagelli) poi anche pantofole, fiori, foglie e frutti vari e abbondanti, aloni di acqua di differenti
significati etc. etc. Non è un po’ troppo anche per il più zelante dei Sindonisti? La Sindone di Torino
sembra si sia trasformata in un 'Pozzo di San Patrizio’: basta desiderare un oggetto e subito essa
te ne offre l’impronta.
Quando si incominceranno a identificare tracce di oggetti ed esseri extraterrestri? Sembra una battuta,
ma non lo è, dato il tenore della rivista cui la Frale si appoggia. Se poi si scoprisse che Giovanni
Aquilanti, dotto medievista ed esperto di scritte sindoniche, non esiste e si tratta solo di uno
pseudonimo, dovremmo pensare che esso è stato scelto a ricordo di quel Giovanni Aquilante,
contadino deceduto qualche decennio fa, famoso per essere stato rapito dagli alieni. Allora ci
domandiamo: esiste qualche rapporto fra la Sindone e gli UFO?
Siamo in ansiosa attesa di vedere quali strategie il Vaticano e la Sindonologia tradizionale adotteranno
per porre un freno al prevedibile tracollo di credibilità che sta per travolgere tutta la Sindonologia.
Altre reazioni:
Commento di Barrie Schwortz dal sito www.shroud.com
Commenti nel Blog di Antonio Lombatti 1 2 3
Intervista con Mons Ghiberti su L'Avvenire
che riportiamo anche direttamente:
L'Avvenire, 21 Novembre 2009
IL CASO
Sindone firmata: è già polemica
Le scritte ricostruite sul libro della Frale
«In base ai confronti svolti, oggi sono convinta che le tracce di scrittura identificate sul lino della Sindone
possano appartenere ad un testo derivato direttamente o indirettamente dai documenti originati fatti produrre
per la sepoltura di Yeshua ben Yosef Nazarani, più noto come Gesù di Nazareth detto il Cristo». È questo
il sasso lanciato nello stagno della scienza della Sindone, il celebre (e discusso) sudario di Cristo
conservato a Torino, da una storica di recente balzata agli onori delle cronache per i suoi saggi
medievalistici. Già il volume I Templari e la sindone di Cristo (Il Mulino), uscito a inizio anno, di Barbara
Frale, funzionaria dell’Archivio Segreto Vaticano, aveva diviso gli esperti. Ora, con La Sindone di Gesù
nazareno (Il Mulino, pp. 254, euro 28), la Frale - nata a Viterbo nel 1970 - lancia un’altra ipotesi
suggestiva: che sul lino custodito all’ombra della Mole si annidino alcune scritte multilingue vergate
da un funzionario addetto alla sepoltura dei condannati a morte nella Gerusalemme del I secolo. Qui
Barbara Frale interpreta un’iscrizione compatibile con la tradizione che vede nel sudario il telo che
avvolse il corpo di Gesù di Nazareth, che nella primavera prossima verrà di nuovo mostrato in pubblico:
a Torino si recherà pellegrino anche Benedetto XVI.
La Frale ha interpretato la seguente scritta: «Gesù Nazareno deposto sul far della sera, a morte,
perché trovato» colpevole. Il tutto scritto con termini di tre idiomi: latino, greco ed ebraico. E al profluvio
di critiche che si preannunciano, la giovane addetta dell’Archivio vaticano risponde così nelle conclusioni
del suo volume, anticipato ieri da Repubblica: «L’ipotesi che le scritte siano state messe da un falsario per avvalorare l’autenticità della Sindone è da scartare: infatti questo truffatore avrebbe dovuto inventare
un sistema complicato per lasciare sul telo certe tracce che sarebbero divenute visibili ai posteri solo tanti
secoli dopo, con l’invenzione della fotografia; inoltre qualunque falsario avrebbe usato le diciture del
titulus crucis, quelle descritte dall’evangelista: non certo quelle strane parole che con i Vangeli non
c’entrano proprio nulla».
E la discussione si infiamma. «Sono molto stupito». Monsignor Giuseppe Ghiberti, vicepresidente del
Comitato per l’ostensione della Sindone, non nasconde la sua perplessità, sebbene metta le mani
avanti: «Prima di tutto bisogna leggere l’opera. Sono stato di fronte alla Sindone ore e ore e mai ho
avuto sentore di nulla del genere. E nemmeno l’hanno avuto professori competenti in elaborazione
di immagini». Circa il carattere multilinguistico della ricostruzione, Ghiberti afferma: «L’unico precedente
che può dare peso a questa ipotesi è il titolo della croce di Gesù, che era in più lingue». Ma alla domanda
se ritenga realistica la tesi della studiosa laziale, Ghiberti risponde con un eloquente sospiro.
E riprende: «Quando non si conoscono bene gli argomenti altrui, si preferisce sospendere il giudizio.
Ma tutto questo non mi convince».
«Non voglio essere ironico né polemico», esordisce Luciano Canfora, docente di Filologia greca e
latina all’università di Bari. «Ma secondo me Barbara Frale si è avventurata in qualcosa di molto insidioso». Per lo studioso barese «la ricchezza di particolari nascosti nelle fibre di lino fa pensare a una vera falsificazione». Canfora qualifica come errata l’ipotesi della Frale in base a due elementi: la ricchezza di dettagli e il poliglottismo della scritta decifrata. «Si presenta tutto ciò come una gigantesca novità, ma così non è. La prima, forte perplessità è la presenza di tre lingue nella scritta ritrovata. La Frale spiega tale riscontro con il pluriculturalismo della Gerusalemme del tempo. Ma un conto è l’ambiente culturale di una città - annota Canfora -, altra cosa un documento che racchiude tre lingue. È come se oggi un taxista di origine indiana a Londra, per scrivere una ricevuta, utilizzasse tre idiomi diversi».
Canfora sottolinea un altro particolare per spiegare la sua disapprovazione: «Tutto si basa sull’idea che al collo del condannato vi sia il verbale del giudizio di Caifa su Gesù». L’affermazione che si trattasse di uno scritto fatto da un becchino trova l’antichista pugliese nettamente scettico: «Non è ovvio che esistesse una figura del genere. Non abbiamo ancora una trattazione sistematica sulla figura di funzionari addetti alla sepoltura dei condannati a morte nella Giudea del I secolo: vi sono testimonianze contraddittorie al riguardo». Canfora stabilisce un parallelo tra il papiro di Artemidoro e la Sindone, o meglio tra la contestata autenticità della seconda e la dimostrata falsità del primo: «I numerosi dettagli, che vogliono avvalorare l’autenticità, indicano invece che questi elementi scritturistici sono aggiunte tardive. Com’è stato constatato dalla polizia scientifica per il papiro di Artemidoro». Canfora riconosce che Barbara Frale non propone una tesi: «Lei dice: io ho trovato questo. Ma ha riscontrato cose tutt’altro che univoche!».
A Canfora replica Franco Cardini, medievalista e docente all’università di Firenze: «Primo: dobbiamo difendere Barbara Frale dai sindonologi che si scagliano con durezza contro quanti sostengono ipotesi troppo forti. La sua non è ancora una tesi ma un’ipotesi, ragionevole e affascinante, basata su indizi. Si tratta di una pista interessante. Ritengo che gli indizi che lei individua siano troppo coerenti per poterli considerare frutto del caso. Si è limitata a riempire dei vuoti di documentazione come solitamente si fa nella ricerca storica. La sua è un’interpretazione con forti basi storiche, niente a che fare con la fantastoria di Dan Brown». Insomma, per lo storico fiorentino siamo davanti a «un lavoro serio, da prendere in considerazione, in cui ci sono osservazioni geniali». È poi singolare che Cardini giudichi in maniera opposta il particolare del plurilinguismo rinvenuto dalla Frale sul lino di Torino, cosa che Canfora bolla come «artefatto»: «Se si trattasse di un documento di ambiente caratterizzato da un forte monolinguismo, capirei l’obiezione. Ma la Gerusalemme del I secolo era un luogo di straordinario incrocio linguistico: il latino era la lingua ufficiale ma il greco rappresentava il "basic english" del tempo. Poi c’erano il caldeo, l’ebraico, e altre lingue che poggiavano su una grande tradizione grafica». Cardini guarda all’oggi per suffragare la plausibilità dell’interpretazione plurilinguistica della Frale: «I ragazzini arabi dei suk della Gerusalemme attuale, quando scrivono, passano tranquillamente dalla grafia araba a quella latina dell’inglese. Il plurilinguismo della scritta della Sindone non mi sorprende affatto».
Invece Bruno Barberis, direttore del Centro internazionale di Sindonologia di Torino, non concorda con la Frale: «Premetto che devo leggere il libro per un giudizio completo. Comunque, già nell’opera precedente, questa studiosa faceva un accenno a tali ipotesi. Il nodo è che queste scritte sono tutt’altro che confermate. Non è mai stato fatto un rilievo fotografico che dia risposte definitive se sulla Sindone ci siano delle scritte. Del resto in molti vi hanno rinvenuto tantissime parole: sembra più un’enciclopedia che un sudario!». Barberis afferma che è prioritario «stabilire se queste scritte esistono. Che poi si giunga a conclusioni del genere della Frale, mi sembra fantascienza e fantastoria. Sono inoltre estremamente critico su queste ipotesi perché possono essere strumentalizzate dagli avversari della Sindone».
Lorenzo Fazzini