Gli inganni di Barbara Frale (3)
Templecombe: L'idolo nella legnaia
di Gian Marco Rinaldi
Come sappiamo, Barbara Frale crede che i Templari adorassero un loro speciale idolo e che quell'idolo
fosse la Sindone di Torino. Nel suo penultimo libro (I Templari e la sindone di Cristo) dice che di
quell'idolo ci sono pervenute raffigurazioni in alcuni sigilli dei templari tedeschi e in un volto dipinto
su un pannello di legno ritrovato a Templecombe in Inghilterra [1, p. 88]:
«Esistono comunque alcune raffigurazioni dello stesso personaggio [il presunto idolo] che si trovano
su oggetti appartenuti sicuramente ai Templari, oggetti che si conservano ancor oggi e permettono
di vedere, diciamo pure toccare con mano, l'identità dell'uomo misterioso: sono alcuni sigilli di Maestri
del Tempio conservati in archivi della Germania, che portano sul verso proprio il ritratto di un uomo
con la barba, e un pannello di legno ritrovato nella chiesa della magione templare di Templecombe,
in Inghilterra.»
Per i sigilli tedeschi, la Frale non riproduce fotografie né ha un rimando bibliografico ma con tutta probabilità
si riferisce a sigilli come quelli che potete vedere qui (a metà pagina).
http://www.skjaere.me.uk/dissertation/chap1.html
Figure un po' più chiare si trovano qui.
http://mitglied.lycos.de/thwjf/Siegel/siegel2.jpg
Nelle figure si vede indistintamente una testa barbuta, ma non c'è alcun motivo per pensare che si
trattasse dell'idolo dei Templari, e se anche fosse, non c'è motivo di vederci il volto della Sindone.
Fra l'altro, in queste figure compare sulla testa qualcosa di voluminoso (forse la corona di spine?)
che va a coprire anche parte della fronte e non ha alcuna corrispondenza sulla Sindone. L'unica
somiglianza con la Sindone sta nella barba, ma di teste con barba ne sono state raffigurate infinite
nel corso della storia (in particolare nel medioevo) e di certo non si trattava sempre della Sindone.
O forse per la Frale tutte le barbe sono barbe della Sindone? Mi vien da pensare che la Frale creda
di vedere la Sindone ogni volta che vede, poniamo, la famosa fotografia di Che Guevara.
Quanto alla testa di Templecombe, la Frale riproduce una foto [1, Fig. 7c] e la mostriamo anche qui.
Templecombe: L'idolo nella legnaia
di Gian Marco Rinaldi
Come sappiamo, Barbara Frale crede che i Templari adorassero un loro speciale idolo e che quell'idolo
fosse la Sindone di Torino. Nel suo penultimo libro (I Templari e la sindone di Cristo) dice che di
quell'idolo ci sono pervenute raffigurazioni in alcuni sigilli dei templari tedeschi e in un volto dipinto
su un pannello di legno ritrovato a Templecombe in Inghilterra [1, p. 88]:
«Esistono comunque alcune raffigurazioni dello stesso personaggio [il presunto idolo] che si trovano
su oggetti appartenuti sicuramente ai Templari, oggetti che si conservano ancor oggi e permettono
di vedere, diciamo pure toccare con mano, l'identità dell'uomo misterioso: sono alcuni sigilli di Maestri
del Tempio conservati in archivi della Germania, che portano sul verso proprio il ritratto di un uomo
con la barba, e un pannello di legno ritrovato nella chiesa della magione templare di Templecombe,
in Inghilterra.»
Per i sigilli tedeschi, la Frale non riproduce fotografie né ha un rimando bibliografico ma con tutta probabilità
si riferisce a sigilli come quelli che potete vedere qui (a metà pagina).
http://www.skjaere.me.uk/dissertation/chap1.html
Figure un po' più chiare si trovano qui.
http://mitglied.lycos.de/thwjf/Siegel/siegel2.jpg
Nelle figure si vede indistintamente una testa barbuta, ma non c'è alcun motivo per pensare che si
trattasse dell'idolo dei Templari, e se anche fosse, non c'è motivo di vederci il volto della Sindone.
Fra l'altro, in queste figure compare sulla testa qualcosa di voluminoso (forse la corona di spine?)
che va a coprire anche parte della fronte e non ha alcuna corrispondenza sulla Sindone. L'unica
somiglianza con la Sindone sta nella barba, ma di teste con barba ne sono state raffigurate infinite
nel corso della storia (in particolare nel medioevo) e di certo non si trattava sempre della Sindone.
O forse per la Frale tutte le barbe sono barbe della Sindone? Mi vien da pensare che la Frale creda
di vedere la Sindone ogni volta che vede, poniamo, la famosa fotografia di Che Guevara.
Quanto alla testa di Templecombe, la Frale riproduce una foto [1, Fig. 7c] e la mostriamo anche qui.
È un pannello di legno formato da cinque assi in orizzontale (rispetto alla figura). Le misure dovrebbero
essere di circa 85 per 145 cm. Per lo spessore si trova citata una misura di due pollici, circa cinque
centimetri. L'asse superiore non porta la figura ed è posticcia.
Il pannello fu ritrovato nel 1944 a Templecombe, un villaggio del Somerset (Inghilterra sud-occidentale).
In quella zona nel XIII secolo era insediata una precettoria dei Templari. I cavalieri vi arrivarono verso la
fine del secolo XII quando entrarono in possesso di una tenuta e vi rimasero fino a circa il 1310 quando
l'Ordine venne estinto (i templari inglesi furono arrestati e processati a partire dal gennaio 1308).
In seguito, sulle proprietà dei Templari subentrarono i cavalieri di un altro ordine, quello degli Ospitalieri.
Nel 1540 il re Enrico VIII soppresse gli ordini monastici e la tenuta passò nel possesso privato di famiglie
nobili. I vari edifici della precettoria vennero un po' alla volta smantellati e oggi non ne rimane niente.
La testa dipinta sul pannello, secondo la Frale, sarebbe una raffigurazione dell'idolo dei Templari e la
somiglianza con la Sindone dimostrerebbe che l'idolo era appunto la Sindone. Non c'è motivo di pensare
che i Templari adorassero un loro idolo; nel caso, non c'è motivo di pensare che l'idolo sia raffigurato nel
pannello di Templecombe; e se fosse, allora avremmo la dimostrazione che l'idolo non era la Sindone.
Facciamo il confronto. La Sindone ha la doppia figura intera, davanti e dietro, di un uomo morto e coi
segni di ferite e macchie di sangue. Il pannello di Templecombe ha il solo volto, senza nemmeno il collo,
di un uomo ben vivo, con gli occhioni spalancati, con la bocca aperta dove si contano i denti, e senza
alcuna traccia di ferite o di sangue. L'unica somiglianza è nella presenza di una barba e nella foggia
dei capelli lunghi sui lati del volto. Ma a quell'epoca tutte le raffigurazioni di Cristo (e spesso anche
di altri personaggi) avevano capelli e barba più o meno simili.
Sul pannello di Templecombe, a parte la ridicola idea che possa raffigurare la Sindone, la Frale in
poche righe riesce a mettere assieme diverse notizie sbagliate o non provate. Le vediamo nel seguito.
Nella chiesa templare?
La Frale nel libro citato [1] dice per tre volte che il pannello fu trovato in una chiesa templare.
A p. 88: «un pannello di legno ritrovato nella chiesa della magione templare di Templecombe, in
Inghilterra.» A p. 89: «La tavola trovata nella chiesa templare di Templecombe...» Nella didascalia della
figura 7c: «l'icona trovata nella cappella templare di Templecombe». Lo ripete anche nel suo ultimo libro
(La sindone di Gesù Nazareno) [2, p. 62-63]: «... nella chiesa templare di Templecombe in Inghilterra
era stato ritrovato un pannello...».
Questo è falso. Il pannello fu ritrovato nel 1944 in un piccolo locale annesso, all'esterno, a una casa di
abitazione. Il locale era all'epoca adibito a ripostiglio per la legna. Era una piccola stanza con una porta
e senza finestre. Il pavimento era di terra senza impiantito. [3] Il locale è stato in seguito demolito. Non
sono pervenute informazioni su quanto antico fosse l'edificio o su chi l'avesse costruito.
Il pannello si trovava inserito nel soffitto del locale ed era ricoperto da un intonaco. Non si conosce un
motivo per cui fosse stato messo in quel posto. Il pannello fu poi trasferito nell'unica chiesa (anglicana)
del paese dove da allora è rimasto.
Era impossibile che il pannello venisse ritrovato in una chiesa templare perché nel 1944 non esisteva più
una chiesa templare a Templecombe. L'attuale chiesa sorge sul luogo e in parte sui resti di un'antica
chiesa che esisteva già da prima che i Templari arrivassero nella zona e non fu mai sotto la loro
amministrazione. Entro il perimetro della loro precettoria, i templari costruirono una loro cappella, o piccola
chiesa, che nel corso dei secoli andò in rovina. Nell'Ottocento si potevano ancora vedere alcuni resti dei
muri, oggi del tutto demoliti. È probabile che la casa presso cui fu ritrovato il pannello, che è al West Court
a lato di High Street, sia localizzabile poco fuori il perimetro dell'antica precettoria e a non più di qualche
centinaio di metri dall'antica cappella, ma di certo non è sul luogo della cappella.
Risale all'epoca dei Templari?
La Frale dà per scontato che il pannello appartenesse ai Templari, quindi colloca l'esecuzione della figura
nel periodo in cui i Templari furono a Templecombe, cioè dalla fine del secolo XII ai primissimi anni del
secolo XIV. Nel secondo libro fornisce un circoscritto intervallo di date e precisa che il pannello è
«risalente agli anni 1275-1300» [2, p. 63]. Dove avrà preso questo intervallo di date, come se avesse
il risultato di una datazione al C14?
In realtà il legno del pannello è stato radiodatato nel 1987 presso il laboratorio ad acceleratore
dell'Università di Oxford (lo stesso che l'anno dopo datò il lino della Sindone). Furono prelevati due
campioni sui margini di due assi. Entrambi i campioni diedero lo stesso risultato, che fu pubblicato all'interno
di un elenco di datazioni del laboratorio di Oxford [4]. Il legno fu assegnato (al 95% di fiducia) all'intervallo
fra il 1280 e il 1440. Quindi l'intervallo è centrato sul 1360. Se questo risultato può essere considerato
valido, il legno del pannello è databile al secolo XIV piuttosto che al XIII. Inoltre va considerato che la data
a cui fu dipinto il pannello deve essere posteriore, di poco o di molto, rispetto alla datazione del legno.
Infatti l'albero poteva essere già vecchio quando fu tagliato, considerando che le assi sono di notevole
dimensione e non si trattava di ramoscelli. È vero che naturalmente ogni campione fu prelevato sul margine
di un'asse, cioè in posizione per quanto possibile periferica, ma non è detto che fosse proprio sugli ultimi
anelli di accrescimento dell'albero. Poi non si sa quando fu eseguita la pittura sul legno, in una data
qualsiasi posteriore all'abbattimento dell'albero.
Il risultato della datazione non esclude del tutto che il pannello risalga all'epoca dei Templari, ma rende più
probabile che sia posteriore. Quindi il pannello può essere attribuito più facilmente all'epoca in cui a
Templecombe c'erano gli Ospitalieri piuttosto che i Templari.
Se la Frale sapeva dell'avvenuta datazione (come avrebbe dovuto sapere se era informata sull'argomento),
ha tenuto nascosto il risultato. Se invece non sapeva che il pannello è stato datato, come poteva
inventarsi quell'intervallo 1275-1300? In base a quali informazioni?
Lo stile pittorico è difficile da definire, trattandosi di un dipinto grossolano e certo non magistrale, ma,
per quel che posso giudicare, è compatibile con i secoli XIV o XV.
Insomma non è affatto provato che il dipinto sul pannello risalga all'epoca templare anteriore al 1310.
Era in possesso dei Templari?
Anche volendo supporre, per il momento, che il pannello risalga a prima del 1310, non è necessario pensare
che fosse di proprietà o in uso dei templari. Potrebbe essere, ma non c'è nessuna certezza e la Frale non
ha motivo di darlo per scontato. La figura dipinta non contiene alcun dettaglio o simbolo che possa essere specificamente messo in relazione con l'Ordine.
I templari avevano a Templecombe una tenuta, con all'interno la loro precettoria, dove praticavano
agricoltura e allevamento, ma non tutto il territorio attorno alla zona era in loro possesso. La chiesa del
paese non era amministrata da loro. Una tenuta limitrofa era in possesso di una grande abbazia di suore
situata in una zona non lontana. Infine non si può escludere che il pannello arrivasse da fuori.
Era l'idolo dei Templari?
Supponiamo pure che il pannello fosse dei Templari, ma allora non c'è alcun motivo di considerarlo
una raffigurazione di un loro speciale “idolo”. Per cominciare, come ripetiamo, non c'è alcuna prova che i
Templari avessero e adorassero un loro speciale idolo. Se ne avessero avuto uno, non c'è motivo di pensare
che il volto del pannello ne sia una copia. Non c'è niente di peculiare che differenzi questo ritratto da altri
simili e che lo identifichi come l'idolo dei templari.
Non possiamo saperlo con sicurezza, ma la raffigurazione della sola testa, vista frontalmente, senza aureola
e senza collo, fa pensare a un dipinto sul modello della cosiddetta “Veronica” ( o “Velo della Veronica”).
Le copie della Veronica si riferivano a un prototipo che era a Roma.
Già nel Duecento si cominciava a parlare della Veronica e a produrre qualche raffigurazione. Fra l'altro
due autori di origine britannica, Gervasio di Tilbury e Geraldo del Galles, ne parlano già verso il 1220.
Ma per trovare una più larga diffusione di immagini della Veronica in Europa bisogna arrivare a dopo l'anno
del giubileo del 1300. Inizialmente le immagini avevano una testa con anche il collo, poi si diffuse il modello
senza collo. Quindi non si può escludere che la testa di Templecombe, se interpretabile come una Veronica,
sia del Duecento, ma è più probabile che sia posteriore.
A quale uso era destinato il pannello?
Si può facilmente presumere che il pannello di legno non fu costruito per essere usato come supporto di un
dipinto. Le assi sono spesse e il pannello è pesante. Non è stato preparato il fondo su cui applicare la pittura.
Si vedono le fessure fra le assi. Ci sono serie di chiodi o perni visibili che non si addicono a un dipinto. Quindi
si deve pensare che il pannello venne costruito per un altro uso e che solo in seguito, dopo un tempo
non determinato, qualcuno vi dipinse il volto. La circostanza può essere stata occasionale o casuale. Non
si può nemmeno escludere che un pittore dilettante abbia usato il pannello per esercitarsi nel dipingere
un volto qualsiasi.
Non risulta che sia stato accertato quale fosse l'uso a cui il pannello era destinato in origine, né quali
fossero eventuali altri usi a cui fu adattato in seguito. Si possono immaginare svariati usi: scaffale,
parapetto, staccionata, porta, sportello, parete o coperchio di una cassa. È stato detto, ma non mi sembra
che sia certo, che all'epoca del ritrovamento c'era un cardine su uno degli angoli (in alto a destra), e se
ciò fosse vero si avrebbe indicazione di un uso come porta o sportello o coperchio girevole.
Non si conosce né si immagina un motivo per cui il pannello venne dipinto.
Era di provenienza orientale?
La Frale sostiene che il ritratto di Templecombe era di origine orientale in quanto copia del mandilio
(mandylion) di Costantinopoli [1, p. 88-89]. Lei è convinta che il mandilio di Costantinopoli fosse appunto
la Sindone che veniva tenuta ripiegata in modo da mostrare solo la zona del volto, ciò di cui ovviamente
non c'è il minimo indizio. Nel secondo libro [2, p. 63] dice che il ritratto “riproduceva il mandylion di
Costantinopoli, con il volto di Gesù secondo l'iconografia bizantina.”
Attorno al Trecento il modello del mandilio era già diffuso nelle chiese orientali dai Balcani alla Russia alla
Turchia. In Occidente si stava diffondendo il modello della Veronica. I due modelli si rifacevano ad analoghe
versioni della leggenda di Gesù che si asciuga il volto con un panno e lascia impressa la sua immagine in
modo miracoloso. Sia il mandilio orientale che la Veronica occidentale raffiguravano un volto visto
frontalmente e con gli occhi aperti. In pratica la Veronica era la versione occidentale del mandilio. In
origine qualche raffigurazione, sia per il mandilio che per la Veronica, aveva anche il collo, poi si affermò
il modello del solo volto senza il collo.
C'è modo di distinguere un mandilio orientale da una Veronica occidentale? Intanto le copie orientali
erano ovviamente fatte in uno stile bizantino, rimasto abbastanza fisso nei secoli. In Occidente le
raffigurazioni seguirono lo sviluppo degli stili pittorici. Anche l'aspetto del volto della Veronica ebbe
un'evoluzione. Dapprima era un volto pulito, privo di sangue e senza corona di spine. Poi comparvero anche
esempi con la corona di spine, a seguito di un'evoluzione della leggenda. Il volto poteva allora essere anche
rigato di sangue. Molto più tardi, dal 1600 circa, comparvero anche raffigurazioni della Veronica con gli occhi
chiusi, forse influenzate dalla conoscenza della Sindone di Torino.
Attorno al secolo XIV un mandilio e una Veronica potevano essere abbastanza simili, entrambi con gli occhi
aperti, senza corona di spine e senza sangue. Ma c'era una caratteristica che poteva permettere di
distinguere. Il mandilio aveva sempre l'aureola o nimbo, cioè un cerchio tutt'attorno al volto. Le copie della
Veronica, invece, potevano spesso essere senza aureola. Forse i pittori occidentali pensavano che se
l'immagine doveva essersi prodotto come impronta per contatto col volto di Gesù, non c'era motivo che si imprimesse anche un'aureola.
La testa di Templecombe è priva dell'aureola, quindi si conforma senza dubbio al modello occidentale della Veronica. Anche lo stile pittorico, benché poco caratterizzabile, non è quello tipico di una icona bizantina.
Si può aggiungere che la cornice dipinta a forma di losanga lobata era diffusa in Occidente, come diremo
subito. Poi c'è una decorazione floreale, all'esterno della cornice, che richiama tipici motivi diffusi in Occidente
(si pensi al fleur de lis dei francesi o allo stemma di Firenze).
In conclusione, il volto di Templecombe non ha l'aureola e questo lo distingue dal modello orientale. Lo stile
non è chiaramente definibile ma non ha un aspetto bizantino. Quindi si può ritenere che sia un prodotto
occidentale. Va aggiunto che il dipinto è stato ritrovato in Inghilterra, non in Oriente, e non c'è motivo di
pensare che il pesante pannello, oltretutto di nessun pregio artistico o materiale, sia stato trasportato fin
da lontano.
Parlando della immagine del mandilio, la Frale scrive [1, p. 89]:
«Ancor oggi in alcune fra le maggiori basiliche d'Europa restano opere d'arte che la riproducono, come ad
esempio l'icona su tessuto nota come Santo Volto di Manoppello, quelle conservate a Genova, Jaen, Alicante,
quella custodita nella basilica di San Pietro in Vaticano dentro la cappella di Matilde di Canossa: sono tutte
copie del mandylion realizzate in Oriente.»
L'origine orientale è certa per l'esemplare di Genova, per altre è incerta. Il velo di Manoppello non ha uno
stile bizantino e denota sicuramente uno stile europeo, anche abbastanza evoluto.
Dobbiamo rilevare una svista che è sorprendente per una studiosa che lavora alle dipendenze del Vaticano,
quando dice che la copia romana del mandilio è “custodita nella basilica di San Pietro in Vaticano dentro
la cappella di Matilde di Canossa”. Il dipinto viene custodito in un locale attiguo alla Cappella Matilde, che
non è nella basilica di San Pietro ma è una cappella privata dei papi nel Palazzo apostolico. (Da almeno
venti anni il nome di Matilde è stata sostituito con quello di Redemptoris Mater.)
La losanga lobata
La Frale prosegue parlando di una presunta e immaginaria forma della cornice in cui era racchiuso, secondo
lei, il mandilio a Costantinopoli, e fa un paragone con una miniatura del mandilio in un manoscritto della
Biblioteca Apostolica Vaticana (Rossiano greco 251). Qui dà sfoggio della sua inventiva fantastica a tal punto
che merita che ne trattiamo in una puntata apposita. Infine si riferisce alla forma della cornice dipinta attorno
al volto di Templecombe considerandola un indizio di una fattura orientale [1, p. 89]:
«Nell'icona di Templecombe la forma di questo riquadro che scopre le fattezze umane di Gesù e le isola
dalla copertura è un elegante motivo geometrico a quadrifoglio molto amato in Oriente, e usato nei reliquiari
bizantini già dal IX secolo.»
(Qui non è necessario pensare a che cosa fosse la “copertura” di cui parleremo un'altra volta). Per la
cornice dipinta, la forma “a quadrifoglio”, che possiamo chiamare più propriamente “a losanga lobata”,
sarebbe secondo la Frale una caratteristica bizantina. In nota alla fine della frase citata aggiunge [1, p. 136,
nota 26]:
«Sterlingova, The New Testament relics, pp. 88-89. Ringrazio Emanuela Marinelli per avermi segnalato
l'esistenza di quest'oggetto.»
Irina Sterligova (che la Frale scrive Sterlingova) è autrice di un capitolo in un libro russo che al momento
non ho ancora visto. Nel libro, a quanto pare, ci sarebbe raffigurato un esempio di reliquiario bizantino a
forma di quadrifoglio. È possibile che ci fossero reliquiari bizantini con quella forma, ma non si tratterebbe
di una caratteristica solo bizantina. Aggiungo che se la Frale ha avuto bisogno di un suggerimento della
Marinelli, probabilmente non conosceva molti esempi di simili reliquiari bizantini. Cercando su internet ho
trovato un prezioso reliquiario bizantino del Trecento che si può vedere qui.
http://all-photo.ru/icon/index.ru.html?big=on&img=16525&id=16519
Non so se sia lo stesso a cui si riferisce la Frale. Però va notato che questo reliquiario, se orientato in
conformità con le piccole figure sui lobi, ha il quadrato con i lati in orizzontale e verticale e non è disposto
a losanga. Inoltre non si tratta di una cornice che racchiude un'immagine.
La Frale dice che questo motivo a quadrifoglio era “molto amato in Oriente”. Non so in Oriente, ma di certo
era usato in Occidente nell'arte gotica. Il primo esempio che viene in mente è quello delle formelle sulle
porte del Battistero di Firenze. Quelle di Andrea Pisano furono concepite attorno al 1330. Poi vennero
quelle di Lorenzo Ghiberti (senza dimenticare Filippo Brunelleschi). Non c'è bisogno di fornire esempi di
quelle formelle, tanto sono famose. Un altro esempio di bassorilievo con quella forma, a Firenze su un
muro del Bargello, si può vedere qui (scendere verso metà della pagina).
http://www.iagiforum.info/viewtopic.php?f=5&t=5409&start=90
Passando alla pittura, a Padova nella Cappella degli Scrovegni sono tante le teste inserite entro losanghe
lobate come in questi due esempi.
http://www.wga.hu/art/g/giotto/padova/decorati/12figure.jpg
http://www.wga.hu/art/g/giotto/padova/2virgin/mary072.jpg
Questo busto di santa è nella vicina Basilica del Santo.
http://www.giottoagliscrovegni.it/ita/giotto/pop01.htm
Taddeo Gaddi, allievo di Giotto, dipinse numerose formelle con cornice a losanga lobata, per esempio
questa (http://www.wga.hu/art/g/gaddi/taddeo/panels/quatref2.jpg ).
essere di circa 85 per 145 cm. Per lo spessore si trova citata una misura di due pollici, circa cinque
centimetri. L'asse superiore non porta la figura ed è posticcia.
Il pannello fu ritrovato nel 1944 a Templecombe, un villaggio del Somerset (Inghilterra sud-occidentale).
In quella zona nel XIII secolo era insediata una precettoria dei Templari. I cavalieri vi arrivarono verso la
fine del secolo XII quando entrarono in possesso di una tenuta e vi rimasero fino a circa il 1310 quando
l'Ordine venne estinto (i templari inglesi furono arrestati e processati a partire dal gennaio 1308).
In seguito, sulle proprietà dei Templari subentrarono i cavalieri di un altro ordine, quello degli Ospitalieri.
Nel 1540 il re Enrico VIII soppresse gli ordini monastici e la tenuta passò nel possesso privato di famiglie
nobili. I vari edifici della precettoria vennero un po' alla volta smantellati e oggi non ne rimane niente.
La testa dipinta sul pannello, secondo la Frale, sarebbe una raffigurazione dell'idolo dei Templari e la
somiglianza con la Sindone dimostrerebbe che l'idolo era appunto la Sindone. Non c'è motivo di pensare
che i Templari adorassero un loro idolo; nel caso, non c'è motivo di pensare che l'idolo sia raffigurato nel
pannello di Templecombe; e se fosse, allora avremmo la dimostrazione che l'idolo non era la Sindone.
Facciamo il confronto. La Sindone ha la doppia figura intera, davanti e dietro, di un uomo morto e coi
segni di ferite e macchie di sangue. Il pannello di Templecombe ha il solo volto, senza nemmeno il collo,
di un uomo ben vivo, con gli occhioni spalancati, con la bocca aperta dove si contano i denti, e senza
alcuna traccia di ferite o di sangue. L'unica somiglianza è nella presenza di una barba e nella foggia
dei capelli lunghi sui lati del volto. Ma a quell'epoca tutte le raffigurazioni di Cristo (e spesso anche
di altri personaggi) avevano capelli e barba più o meno simili.
Sul pannello di Templecombe, a parte la ridicola idea che possa raffigurare la Sindone, la Frale in
poche righe riesce a mettere assieme diverse notizie sbagliate o non provate. Le vediamo nel seguito.
Nella chiesa templare?
La Frale nel libro citato [1] dice per tre volte che il pannello fu trovato in una chiesa templare.
A p. 88: «un pannello di legno ritrovato nella chiesa della magione templare di Templecombe, in
Inghilterra.» A p. 89: «La tavola trovata nella chiesa templare di Templecombe...» Nella didascalia della
figura 7c: «l'icona trovata nella cappella templare di Templecombe». Lo ripete anche nel suo ultimo libro
(La sindone di Gesù Nazareno) [2, p. 62-63]: «... nella chiesa templare di Templecombe in Inghilterra
era stato ritrovato un pannello...».
Questo è falso. Il pannello fu ritrovato nel 1944 in un piccolo locale annesso, all'esterno, a una casa di
abitazione. Il locale era all'epoca adibito a ripostiglio per la legna. Era una piccola stanza con una porta
e senza finestre. Il pavimento era di terra senza impiantito. [3] Il locale è stato in seguito demolito. Non
sono pervenute informazioni su quanto antico fosse l'edificio o su chi l'avesse costruito.
Il pannello si trovava inserito nel soffitto del locale ed era ricoperto da un intonaco. Non si conosce un
motivo per cui fosse stato messo in quel posto. Il pannello fu poi trasferito nell'unica chiesa (anglicana)
del paese dove da allora è rimasto.
Era impossibile che il pannello venisse ritrovato in una chiesa templare perché nel 1944 non esisteva più
una chiesa templare a Templecombe. L'attuale chiesa sorge sul luogo e in parte sui resti di un'antica
chiesa che esisteva già da prima che i Templari arrivassero nella zona e non fu mai sotto la loro
amministrazione. Entro il perimetro della loro precettoria, i templari costruirono una loro cappella, o piccola
chiesa, che nel corso dei secoli andò in rovina. Nell'Ottocento si potevano ancora vedere alcuni resti dei
muri, oggi del tutto demoliti. È probabile che la casa presso cui fu ritrovato il pannello, che è al West Court
a lato di High Street, sia localizzabile poco fuori il perimetro dell'antica precettoria e a non più di qualche
centinaio di metri dall'antica cappella, ma di certo non è sul luogo della cappella.
Risale all'epoca dei Templari?
La Frale dà per scontato che il pannello appartenesse ai Templari, quindi colloca l'esecuzione della figura
nel periodo in cui i Templari furono a Templecombe, cioè dalla fine del secolo XII ai primissimi anni del
secolo XIV. Nel secondo libro fornisce un circoscritto intervallo di date e precisa che il pannello è
«risalente agli anni 1275-1300» [2, p. 63]. Dove avrà preso questo intervallo di date, come se avesse
il risultato di una datazione al C14?
In realtà il legno del pannello è stato radiodatato nel 1987 presso il laboratorio ad acceleratore
dell'Università di Oxford (lo stesso che l'anno dopo datò il lino della Sindone). Furono prelevati due
campioni sui margini di due assi. Entrambi i campioni diedero lo stesso risultato, che fu pubblicato all'interno
di un elenco di datazioni del laboratorio di Oxford [4]. Il legno fu assegnato (al 95% di fiducia) all'intervallo
fra il 1280 e il 1440. Quindi l'intervallo è centrato sul 1360. Se questo risultato può essere considerato
valido, il legno del pannello è databile al secolo XIV piuttosto che al XIII. Inoltre va considerato che la data
a cui fu dipinto il pannello deve essere posteriore, di poco o di molto, rispetto alla datazione del legno.
Infatti l'albero poteva essere già vecchio quando fu tagliato, considerando che le assi sono di notevole
dimensione e non si trattava di ramoscelli. È vero che naturalmente ogni campione fu prelevato sul margine
di un'asse, cioè in posizione per quanto possibile periferica, ma non è detto che fosse proprio sugli ultimi
anelli di accrescimento dell'albero. Poi non si sa quando fu eseguita la pittura sul legno, in una data
qualsiasi posteriore all'abbattimento dell'albero.
Il risultato della datazione non esclude del tutto che il pannello risalga all'epoca dei Templari, ma rende più
probabile che sia posteriore. Quindi il pannello può essere attribuito più facilmente all'epoca in cui a
Templecombe c'erano gli Ospitalieri piuttosto che i Templari.
Se la Frale sapeva dell'avvenuta datazione (come avrebbe dovuto sapere se era informata sull'argomento),
ha tenuto nascosto il risultato. Se invece non sapeva che il pannello è stato datato, come poteva
inventarsi quell'intervallo 1275-1300? In base a quali informazioni?
Lo stile pittorico è difficile da definire, trattandosi di un dipinto grossolano e certo non magistrale, ma,
per quel che posso giudicare, è compatibile con i secoli XIV o XV.
Insomma non è affatto provato che il dipinto sul pannello risalga all'epoca templare anteriore al 1310.
Era in possesso dei Templari?
Anche volendo supporre, per il momento, che il pannello risalga a prima del 1310, non è necessario pensare
che fosse di proprietà o in uso dei templari. Potrebbe essere, ma non c'è nessuna certezza e la Frale non
ha motivo di darlo per scontato. La figura dipinta non contiene alcun dettaglio o simbolo che possa essere specificamente messo in relazione con l'Ordine.
I templari avevano a Templecombe una tenuta, con all'interno la loro precettoria, dove praticavano
agricoltura e allevamento, ma non tutto il territorio attorno alla zona era in loro possesso. La chiesa del
paese non era amministrata da loro. Una tenuta limitrofa era in possesso di una grande abbazia di suore
situata in una zona non lontana. Infine non si può escludere che il pannello arrivasse da fuori.
Era l'idolo dei Templari?
Supponiamo pure che il pannello fosse dei Templari, ma allora non c'è alcun motivo di considerarlo
una raffigurazione di un loro speciale “idolo”. Per cominciare, come ripetiamo, non c'è alcuna prova che i
Templari avessero e adorassero un loro speciale idolo. Se ne avessero avuto uno, non c'è motivo di pensare
che il volto del pannello ne sia una copia. Non c'è niente di peculiare che differenzi questo ritratto da altri
simili e che lo identifichi come l'idolo dei templari.
Non possiamo saperlo con sicurezza, ma la raffigurazione della sola testa, vista frontalmente, senza aureola
e senza collo, fa pensare a un dipinto sul modello della cosiddetta “Veronica” ( o “Velo della Veronica”).
Le copie della Veronica si riferivano a un prototipo che era a Roma.
Già nel Duecento si cominciava a parlare della Veronica e a produrre qualche raffigurazione. Fra l'altro
due autori di origine britannica, Gervasio di Tilbury e Geraldo del Galles, ne parlano già verso il 1220.
Ma per trovare una più larga diffusione di immagini della Veronica in Europa bisogna arrivare a dopo l'anno
del giubileo del 1300. Inizialmente le immagini avevano una testa con anche il collo, poi si diffuse il modello
senza collo. Quindi non si può escludere che la testa di Templecombe, se interpretabile come una Veronica,
sia del Duecento, ma è più probabile che sia posteriore.
A quale uso era destinato il pannello?
Si può facilmente presumere che il pannello di legno non fu costruito per essere usato come supporto di un
dipinto. Le assi sono spesse e il pannello è pesante. Non è stato preparato il fondo su cui applicare la pittura.
Si vedono le fessure fra le assi. Ci sono serie di chiodi o perni visibili che non si addicono a un dipinto. Quindi
si deve pensare che il pannello venne costruito per un altro uso e che solo in seguito, dopo un tempo
non determinato, qualcuno vi dipinse il volto. La circostanza può essere stata occasionale o casuale. Non
si può nemmeno escludere che un pittore dilettante abbia usato il pannello per esercitarsi nel dipingere
un volto qualsiasi.
Non risulta che sia stato accertato quale fosse l'uso a cui il pannello era destinato in origine, né quali
fossero eventuali altri usi a cui fu adattato in seguito. Si possono immaginare svariati usi: scaffale,
parapetto, staccionata, porta, sportello, parete o coperchio di una cassa. È stato detto, ma non mi sembra
che sia certo, che all'epoca del ritrovamento c'era un cardine su uno degli angoli (in alto a destra), e se
ciò fosse vero si avrebbe indicazione di un uso come porta o sportello o coperchio girevole.
Non si conosce né si immagina un motivo per cui il pannello venne dipinto.
Era di provenienza orientale?
La Frale sostiene che il ritratto di Templecombe era di origine orientale in quanto copia del mandilio
(mandylion) di Costantinopoli [1, p. 88-89]. Lei è convinta che il mandilio di Costantinopoli fosse appunto
la Sindone che veniva tenuta ripiegata in modo da mostrare solo la zona del volto, ciò di cui ovviamente
non c'è il minimo indizio. Nel secondo libro [2, p. 63] dice che il ritratto “riproduceva il mandylion di
Costantinopoli, con il volto di Gesù secondo l'iconografia bizantina.”
Attorno al Trecento il modello del mandilio era già diffuso nelle chiese orientali dai Balcani alla Russia alla
Turchia. In Occidente si stava diffondendo il modello della Veronica. I due modelli si rifacevano ad analoghe
versioni della leggenda di Gesù che si asciuga il volto con un panno e lascia impressa la sua immagine in
modo miracoloso. Sia il mandilio orientale che la Veronica occidentale raffiguravano un volto visto
frontalmente e con gli occhi aperti. In pratica la Veronica era la versione occidentale del mandilio. In
origine qualche raffigurazione, sia per il mandilio che per la Veronica, aveva anche il collo, poi si affermò
il modello del solo volto senza il collo.
C'è modo di distinguere un mandilio orientale da una Veronica occidentale? Intanto le copie orientali
erano ovviamente fatte in uno stile bizantino, rimasto abbastanza fisso nei secoli. In Occidente le
raffigurazioni seguirono lo sviluppo degli stili pittorici. Anche l'aspetto del volto della Veronica ebbe
un'evoluzione. Dapprima era un volto pulito, privo di sangue e senza corona di spine. Poi comparvero anche
esempi con la corona di spine, a seguito di un'evoluzione della leggenda. Il volto poteva allora essere anche
rigato di sangue. Molto più tardi, dal 1600 circa, comparvero anche raffigurazioni della Veronica con gli occhi
chiusi, forse influenzate dalla conoscenza della Sindone di Torino.
Attorno al secolo XIV un mandilio e una Veronica potevano essere abbastanza simili, entrambi con gli occhi
aperti, senza corona di spine e senza sangue. Ma c'era una caratteristica che poteva permettere di
distinguere. Il mandilio aveva sempre l'aureola o nimbo, cioè un cerchio tutt'attorno al volto. Le copie della
Veronica, invece, potevano spesso essere senza aureola. Forse i pittori occidentali pensavano che se
l'immagine doveva essersi prodotto come impronta per contatto col volto di Gesù, non c'era motivo che si imprimesse anche un'aureola.
La testa di Templecombe è priva dell'aureola, quindi si conforma senza dubbio al modello occidentale della Veronica. Anche lo stile pittorico, benché poco caratterizzabile, non è quello tipico di una icona bizantina.
Si può aggiungere che la cornice dipinta a forma di losanga lobata era diffusa in Occidente, come diremo
subito. Poi c'è una decorazione floreale, all'esterno della cornice, che richiama tipici motivi diffusi in Occidente
(si pensi al fleur de lis dei francesi o allo stemma di Firenze).
In conclusione, il volto di Templecombe non ha l'aureola e questo lo distingue dal modello orientale. Lo stile
non è chiaramente definibile ma non ha un aspetto bizantino. Quindi si può ritenere che sia un prodotto
occidentale. Va aggiunto che il dipinto è stato ritrovato in Inghilterra, non in Oriente, e non c'è motivo di
pensare che il pesante pannello, oltretutto di nessun pregio artistico o materiale, sia stato trasportato fin
da lontano.
Parlando della immagine del mandilio, la Frale scrive [1, p. 89]:
«Ancor oggi in alcune fra le maggiori basiliche d'Europa restano opere d'arte che la riproducono, come ad
esempio l'icona su tessuto nota come Santo Volto di Manoppello, quelle conservate a Genova, Jaen, Alicante,
quella custodita nella basilica di San Pietro in Vaticano dentro la cappella di Matilde di Canossa: sono tutte
copie del mandylion realizzate in Oriente.»
L'origine orientale è certa per l'esemplare di Genova, per altre è incerta. Il velo di Manoppello non ha uno
stile bizantino e denota sicuramente uno stile europeo, anche abbastanza evoluto.
Dobbiamo rilevare una svista che è sorprendente per una studiosa che lavora alle dipendenze del Vaticano,
quando dice che la copia romana del mandilio è “custodita nella basilica di San Pietro in Vaticano dentro
la cappella di Matilde di Canossa”. Il dipinto viene custodito in un locale attiguo alla Cappella Matilde, che
non è nella basilica di San Pietro ma è una cappella privata dei papi nel Palazzo apostolico. (Da almeno
venti anni il nome di Matilde è stata sostituito con quello di Redemptoris Mater.)
La losanga lobata
La Frale prosegue parlando di una presunta e immaginaria forma della cornice in cui era racchiuso, secondo
lei, il mandilio a Costantinopoli, e fa un paragone con una miniatura del mandilio in un manoscritto della
Biblioteca Apostolica Vaticana (Rossiano greco 251). Qui dà sfoggio della sua inventiva fantastica a tal punto
che merita che ne trattiamo in una puntata apposita. Infine si riferisce alla forma della cornice dipinta attorno
al volto di Templecombe considerandola un indizio di una fattura orientale [1, p. 89]:
«Nell'icona di Templecombe la forma di questo riquadro che scopre le fattezze umane di Gesù e le isola
dalla copertura è un elegante motivo geometrico a quadrifoglio molto amato in Oriente, e usato nei reliquiari
bizantini già dal IX secolo.»
(Qui non è necessario pensare a che cosa fosse la “copertura” di cui parleremo un'altra volta). Per la
cornice dipinta, la forma “a quadrifoglio”, che possiamo chiamare più propriamente “a losanga lobata”,
sarebbe secondo la Frale una caratteristica bizantina. In nota alla fine della frase citata aggiunge [1, p. 136,
nota 26]:
«Sterlingova, The New Testament relics, pp. 88-89. Ringrazio Emanuela Marinelli per avermi segnalato
l'esistenza di quest'oggetto.»
Irina Sterligova (che la Frale scrive Sterlingova) è autrice di un capitolo in un libro russo che al momento
non ho ancora visto. Nel libro, a quanto pare, ci sarebbe raffigurato un esempio di reliquiario bizantino a
forma di quadrifoglio. È possibile che ci fossero reliquiari bizantini con quella forma, ma non si tratterebbe
di una caratteristica solo bizantina. Aggiungo che se la Frale ha avuto bisogno di un suggerimento della
Marinelli, probabilmente non conosceva molti esempi di simili reliquiari bizantini. Cercando su internet ho
trovato un prezioso reliquiario bizantino del Trecento che si può vedere qui.
http://all-photo.ru/icon/index.ru.html?big=on&img=16525&id=16519
Non so se sia lo stesso a cui si riferisce la Frale. Però va notato che questo reliquiario, se orientato in
conformità con le piccole figure sui lobi, ha il quadrato con i lati in orizzontale e verticale e non è disposto
a losanga. Inoltre non si tratta di una cornice che racchiude un'immagine.
La Frale dice che questo motivo a quadrifoglio era “molto amato in Oriente”. Non so in Oriente, ma di certo
era usato in Occidente nell'arte gotica. Il primo esempio che viene in mente è quello delle formelle sulle
porte del Battistero di Firenze. Quelle di Andrea Pisano furono concepite attorno al 1330. Poi vennero
quelle di Lorenzo Ghiberti (senza dimenticare Filippo Brunelleschi). Non c'è bisogno di fornire esempi di
quelle formelle, tanto sono famose. Un altro esempio di bassorilievo con quella forma, a Firenze su un
muro del Bargello, si può vedere qui (scendere verso metà della pagina).
http://www.iagiforum.info/viewtopic.php?f=5&t=5409&start=90
Passando alla pittura, a Padova nella Cappella degli Scrovegni sono tante le teste inserite entro losanghe
lobate come in questi due esempi.
http://www.wga.hu/art/g/giotto/padova/decorati/12figure.jpg
http://www.wga.hu/art/g/giotto/padova/2virgin/mary072.jpg
Questo busto di santa è nella vicina Basilica del Santo.
http://www.giottoagliscrovegni.it/ita/giotto/pop01.htm
Taddeo Gaddi, allievo di Giotto, dipinse numerose formelle con cornice a losanga lobata, per esempio
questa (http://www.wga.hu/art/g/gaddi/taddeo/panels/quatref2.jpg ).
Nel duomo di Gurk, in Carinzia, questo agnello ha all'esterno della losanga motivi floreali non dissimili da quelli di Templecombe (http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Gurker_Dom_Vorhalle_Detail.jpg ).
Questi esempi di pittura erano tutti della prima metà del Trecento. Venendo un po' più avanti nel tempo, troviamo questa testa di angelo di Piero della Francesca (http://www.wga.hu/art/p/piero/francesc/croce/decorat/angel2.jpg ).
Passiamo ai manoscritti miniati. C'è abbondanza di esempi di miniature racchiuse in una cornice a losanga lobata. Sul ricchissimo sito della Pierpont Morgan Library di New York si possono vedere, una per una, ben 84 pagine del manoscritto catalogato come M.75. Si tratta di un manoscritto francese, circa 1350. Tutte o quasi le pagine hanno una o anche due miniature con cornice a losanga lobata. Il link è alla prima pagina, da cui si può proseguire. Cliccando su “Detail of miniature” si ha l'ingrandimento.
http://utu.morganlibrary.org/medren/single_image2.cfm?page=ICA000099913&imagename=m75.001r.jpg
Sullo stesso sito si possono vedere altre miniature a losanga lobata, per esempio nel manoscritto M.1000, sempre francese, circa 1420.
http://utu.morganlibrary.org/medren/single_image2.cfm?imagename=m1000.001r.jpg&page=ICA000097379
Passiamo a un esempio di un tessuto ricamato. Il “Piviale di Syon”, circa 1300, eseguito in Inghilterra, oggi al Victoria & Albert Museum, ha diverse figure entro losanghe lobate. Qui un disegno che riproduce un dettaglio.
http://www.gutenberg.org/files/18212/18212-h/images/fig040.jpg
E qui una foto a colori dell'insieme.
http://www.vam.ac.uk/vastatic/microsites/bbchistory/object_hotspot05.htm
Infine abbiamo un sigillo di un monastero inglese della seconda metà del Duecento.
http://monasticmatrix.usc.edu/figurae/?function=summary&id=588
Questi esempi dovrebbero bastare per indurre la Frale a rivedere la sua convinzione che la losanga lobata sia indice di una provenienza orientale. Forse gli esempi forniti sono sovrabbondanti, ma non è da tutti i giorni avere l'occasione di illustrare l'arte medievale a beneficio di una illustre medievista!
Appendice. Il pannello in mostra alla Venaria
È aperta in questi giorni, alla Reggia di Venaria presso Torino, una mostra dal titolo “Cavalieri: Dai Templari a Napoleone” (dal 28 novembre 2009 all’11 aprile 2010). Fra capolavori d'arte e oggetti preziosi, c'è anche il pannello di Templecombe. Il pannello non ha alcun valore artistico ma qualche giornale lo ha indicato come l'attrattiva principale della mostra. L'anonimo pittore che lo dipinse non crederebbe ai suoi occhi se vedesse che la sua opera è esposta assieme a quadri di Tiziano o Rubens o Goya.
Nei comunicati ufficiali della Venaria [5] si trovano ripetute affermazioni come quelle che abbiamo visto qui. Si legge che la tavola è stata “datata col carbonio 14 al 1280 circa” e che l'autore è un “anonimo pittore di probabile origine mediorientale”. Poi si fa l'ipotesi che il volto sia una copia della Sindone di Torino o dell'idolo dei Templari.
Forse i curatori della mostra si sono istruiti alla scuola della Frale? Si direbbe di sì perché il catalogo della mostra contiene appunto un saggio della Frale su Templecombe. Al momento in cui scrivo non ho ancora visto il catalogo ma da qualche frase riportata sui giornali sembra che la Frale abbia addirittura superato sé stessa. Per esempio sulla Stampa del 26 novembre, una frase ripresa fra virgolette dal catalogo dice che per la Frale «l’immagine di Templecombe è la testimonianza più importante e suggestiva del culto di Cristo presso i Templari. Si tratta dello sportello di un sacello che custodiva una copia della Sindone, consacrata per contatto con il suo lino». Alle precedenti sue fantasie, ha aggiunto anche quella dello sportello del sacello.
Potremo aggiornare quando avremo a disposizione il catalogo della mostra.
[1] B. Frale: I Templari e la sindone di Cristo (Il Mulino 2009)
[2] B. Frale: La Sindone di Gesù Nazareno (Il Mulino 2009)
[3] La data e le circostanze del ritrovamento sono state riferite dal sindonologo Rex Morgan: “Did the Templars take the Shroud to England? New evidence from Templecombe”, pp. 205-232 in A. Berard, Ed., History, science, theology, and the Shroud (Atti di un simposio del 1991 a Saint Louis, Missouri). Morgan si basava su una intervista personale del 1987 con Molly Drew, la donna di Templecombe che aveva ritrovato il pannello. Non so se possiamo essere sicuri che la Drew ricordasse esattamente la data del 1944 a tanta distanza di tempo. Il sindonologo Ian Wilson, che in seguito ha a sua volta intervistato la Drew, ha poi usato l'espressione più generica “verso la fine della guerra”.
[4] Archaeometry, Volume 29 n. 2 , pp. 289-306 (Agosto 1987)
[5] http://www.lavenaria.it/mostre/ita/mostre/2009/cavalieri.shtml
http://www.regione.piemonte.it/cms/home/diario/le-15-opere-in-mostra/download.html