Emanuela Marinelli
La Sindone, Analisi di un mistero
Sugarco Edizioni, 2009
272 pagine, € 19,50
recensione a cura di G.M Rinaldi ( [email protected] )
Questo è forse il decimo libro della Marinelli e ripete la solita mitologia sindonologica. Non tenteremo un bilancio complessivo del libro, che è scontato, ma ci limiteremo ad annotare alcuni punti particolari dove ci sono errori tanto evidenti che anche lei dovrebbe accorgersene. Eppure continua spesso a ripeterli di libro in libro con le stesse frasi.
A p. 9 ripete una frase che in origine fu copiata da un articolo inglese del 1981: «Pausinio (I secolo d.C.) precisa che “il lino della Palestina è di un bel colore giallo; la Galilea è il centro di produzione, in una località chiamata Arbeel”.» Dovremo tornare con una nota sulla sua cultura classica, ma nel frattempo può cercare se sia mai esistito un autore del primo secolo di nome Pausinio che abbia citato la città di Arbeel.
A p. 11 dice che il cotone non era coltivato in Europa nel medioevo. Se non era coltivato (a parte Spagna e Sicilia) era però lavorato in tutte le fasi, inclusa la filatura, e questo bastava per inquinare con fibre di cotone un tessuto di lino fatto in Europa.
A p. 51 riporta una frase dove Nicola Mesarites parla dei teli sepolcrali (bianchi) che erano a Costantinopoli. Poi la Marinelli dice: «Mesarites fa riferimento, evidentemente, all'immagine del Salvatore che, nell'elogio funebre di suo fratello Giovanni, è definita “prototipo” delle immagini fatte da mano d'uomo.» Invece il “prototipo” per Mesarites era il “mandylion”, una cosa ben distinta dai teli sepolcrali. La Sindone non è mai stata a Costantinopoli, ma se la Marinelli vuol farla coincidere con il mandylion, non può farla coincidere anche con i teli sepolcrali (bianchi) che erano in quella città.
A p. 77 le monetine che vede sulla Sindone sono tre, mentre i suoi colleghi si limitano in genere a due o una. Spero che prima o poi la Marinelli legga il mio articolo sulle monetine (di cui trova il link su questo sito) e sarò curioso di vedere se continuerà a citarle come prova di antichità.
Come Baima Bollone, anche la Marinelli non riesce a dare un'espressione italiana per l'AMS. Prova tre volte ma dice sempre frasi senza senso: «nuovo metodo con l'acceleratore di massa» (p. 124); «gli acceleratori di massa Tandem» (p. 233); «spettrometria con acceleratore di massa» (p. 252 ). È insegnante di materie scientifiche ma a quanto sembra non ha mai sentito parlare di uno strumento che si chiama spettrometro di massa. ( *)
A p. 221 dice che il campione prelevato per la datazione aveva peso doppio del dovuto, e questa è una delle più grosse fandonie messe in giro da (pochi) sindonologi.
In un suo articolo del 1988, subito dopo il risultato del C14, citava le discrepanze nelle datazioni del sito di Jarmo. Ora, dopo venti anni, ripete una frase identica a p. 236. Non si è mai accorta che quelle datazioni furono fatte negli anni attorno al 1950, quando il metodo del C14 era appena nato e non si poteva pretendere che fosse già accurato per reperti preistorici.
A p. 237 insiste a dire che Garza-Valdes ha fatto un certo esperimento che invece non ha mai fatto. Ne ho già parlato ma dovrò scrivere una nota più dettagliata perché non si può lasciar correre una simile falsità. Di Garza-Valdes tratta anche a p. 251-53 e ormai è quasi l'unica a difenderlo perché altri sindonologi hanno preferito lasciar perdere la teoria del rivestimento bioplastico.
A p. 238 c'è di nuovo il ritornello delle datazioni di lumache, foca e mammut che va avanti da sempre. Ne ho già trattato ampiamente.
A p. 245 cita Kuznetsov senza fare riferimento alla sua colossale frode scientifica. Inoltre a p. 248 ripete un capoverso che tempo fa nel suo sito (Collegamento pro Sindone) era riferito appunto a Kuznetsov: «Attraverso la loro attività enzimatica...».
Potremmo continuare ma ci fermiamo qui. Vedremo se nel suo prossimo libro la Marinelli apporterà almeno una correzione a qualcuno di questi punti.
( *) Nota aggiunta. Dopo la messa in sito di questa recensione, mi è stato fatto notare che nel libro, per dire AMS in italiano, non ci sono solo le tre espressioni che ho citato. È vero, ce ne sono altre cinque, ma erano tanto scioccanti quelle tre che mi ero dimenticato delle cinque. Queste cinque sono del tipo “acceleratore con spettrometro di massa” o “acceleratore con spettrometria di massa” o “acceleratore per la spettrometria di massa”. Questi non sono peccati mortali come i tre esempi che avevo citato nella recensione, ma sono pur sempre peccati veniali. Lo strumento che misura le proporzioni degli isotopi di carbonio è uno spettrometro di massa. Non si tratta di uno spettrometro di massa comune ma di uno spettrometro di massa potenziato con un acceleratore. Quindi una dizione corretta è “spettrometria di massa con acceleratore”. Anche solo guardando all'aspetto linguistico, senza pensare a come funziona lo strumento, si immagina che l'espressione inglese “accelerator mass spectrometry” si traduce con i termini in ordine invertito. La traduzione “acceleratore con spettrometria di massa” andrebbe bene se in inglese ci fosse “mass spectrometry accelerator”, ma questa espressione non viene mai usata in inglese. A parte tutto il resto, la traduzione entrata in uso in italiano è appunto “spettrometria di massa con acceleratore” e non è il caso di inventarne di nuove.
Anche se queste cinque ulteriori espressioni fossero perfettamente appropriate, resterebbe altrettanto grave la presenza delle tre espressioni che avevo citato nella recensione. Nella frase accelerator mass spectrometry la parola mass è indissolubilmente legata alla parola spectrometry a significare spettrometria di massa. Se si traduce, come ha fatto la Marinelli, “acceleratore di massa”, quindi legando la parola mass alla parola accelerator, si ottiene una frase senza senso. Viene allora spontaneo chiedersi se chi traduce in quel modo si renda conto o no che si sta parlando di uno strumento che è prima di tutto uno spettrometro di massa.
Questo libro del 2009 è in non piccola parte una fotocopia di un libro che la Marinelli pubblicò nel 1998 assieme a Orazio Petrosillo (La Sindone, Storia di un enigma). Intere pagine, se non interi capitoli, si ripetono parola per parola. Le otto espressioni (tre più cinque) di cui abbiamo parlato qui, c'erano già, identiche e negli stessi contesti, nel libro del 1998. Questo significa che in dieci anni la Marinelli non si è accorta che c'era qualcosa da cambiare. Ci sarà grata se nel suo prossimo libro potrà finalmente usare per la prima volta una dizione corretta.
Aggiungo che su internet si trova un suo articolo del 2008, oltre a una intervista con contenuto analogo, dove la Marinelli dà la versione peggiore: “metodo di radiodatazione con l'acceleratore di massa”.
A p. 9 ripete una frase che in origine fu copiata da un articolo inglese del 1981: «Pausinio (I secolo d.C.) precisa che “il lino della Palestina è di un bel colore giallo; la Galilea è il centro di produzione, in una località chiamata Arbeel”.» Dovremo tornare con una nota sulla sua cultura classica, ma nel frattempo può cercare se sia mai esistito un autore del primo secolo di nome Pausinio che abbia citato la città di Arbeel.
A p. 11 dice che il cotone non era coltivato in Europa nel medioevo. Se non era coltivato (a parte Spagna e Sicilia) era però lavorato in tutte le fasi, inclusa la filatura, e questo bastava per inquinare con fibre di cotone un tessuto di lino fatto in Europa.
A p. 51 riporta una frase dove Nicola Mesarites parla dei teli sepolcrali (bianchi) che erano a Costantinopoli. Poi la Marinelli dice: «Mesarites fa riferimento, evidentemente, all'immagine del Salvatore che, nell'elogio funebre di suo fratello Giovanni, è definita “prototipo” delle immagini fatte da mano d'uomo.» Invece il “prototipo” per Mesarites era il “mandylion”, una cosa ben distinta dai teli sepolcrali. La Sindone non è mai stata a Costantinopoli, ma se la Marinelli vuol farla coincidere con il mandylion, non può farla coincidere anche con i teli sepolcrali (bianchi) che erano in quella città.
A p. 77 le monetine che vede sulla Sindone sono tre, mentre i suoi colleghi si limitano in genere a due o una. Spero che prima o poi la Marinelli legga il mio articolo sulle monetine (di cui trova il link su questo sito) e sarò curioso di vedere se continuerà a citarle come prova di antichità.
Come Baima Bollone, anche la Marinelli non riesce a dare un'espressione italiana per l'AMS. Prova tre volte ma dice sempre frasi senza senso: «nuovo metodo con l'acceleratore di massa» (p. 124); «gli acceleratori di massa Tandem» (p. 233); «spettrometria con acceleratore di massa» (p. 252 ). È insegnante di materie scientifiche ma a quanto sembra non ha mai sentito parlare di uno strumento che si chiama spettrometro di massa. ( *)
A p. 221 dice che il campione prelevato per la datazione aveva peso doppio del dovuto, e questa è una delle più grosse fandonie messe in giro da (pochi) sindonologi.
In un suo articolo del 1988, subito dopo il risultato del C14, citava le discrepanze nelle datazioni del sito di Jarmo. Ora, dopo venti anni, ripete una frase identica a p. 236. Non si è mai accorta che quelle datazioni furono fatte negli anni attorno al 1950, quando il metodo del C14 era appena nato e non si poteva pretendere che fosse già accurato per reperti preistorici.
A p. 237 insiste a dire che Garza-Valdes ha fatto un certo esperimento che invece non ha mai fatto. Ne ho già parlato ma dovrò scrivere una nota più dettagliata perché non si può lasciar correre una simile falsità. Di Garza-Valdes tratta anche a p. 251-53 e ormai è quasi l'unica a difenderlo perché altri sindonologi hanno preferito lasciar perdere la teoria del rivestimento bioplastico.
A p. 238 c'è di nuovo il ritornello delle datazioni di lumache, foca e mammut che va avanti da sempre. Ne ho già trattato ampiamente.
A p. 245 cita Kuznetsov senza fare riferimento alla sua colossale frode scientifica. Inoltre a p. 248 ripete un capoverso che tempo fa nel suo sito (Collegamento pro Sindone) era riferito appunto a Kuznetsov: «Attraverso la loro attività enzimatica...».
Potremmo continuare ma ci fermiamo qui. Vedremo se nel suo prossimo libro la Marinelli apporterà almeno una correzione a qualcuno di questi punti.
( *) Nota aggiunta. Dopo la messa in sito di questa recensione, mi è stato fatto notare che nel libro, per dire AMS in italiano, non ci sono solo le tre espressioni che ho citato. È vero, ce ne sono altre cinque, ma erano tanto scioccanti quelle tre che mi ero dimenticato delle cinque. Queste cinque sono del tipo “acceleratore con spettrometro di massa” o “acceleratore con spettrometria di massa” o “acceleratore per la spettrometria di massa”. Questi non sono peccati mortali come i tre esempi che avevo citato nella recensione, ma sono pur sempre peccati veniali. Lo strumento che misura le proporzioni degli isotopi di carbonio è uno spettrometro di massa. Non si tratta di uno spettrometro di massa comune ma di uno spettrometro di massa potenziato con un acceleratore. Quindi una dizione corretta è “spettrometria di massa con acceleratore”. Anche solo guardando all'aspetto linguistico, senza pensare a come funziona lo strumento, si immagina che l'espressione inglese “accelerator mass spectrometry” si traduce con i termini in ordine invertito. La traduzione “acceleratore con spettrometria di massa” andrebbe bene se in inglese ci fosse “mass spectrometry accelerator”, ma questa espressione non viene mai usata in inglese. A parte tutto il resto, la traduzione entrata in uso in italiano è appunto “spettrometria di massa con acceleratore” e non è il caso di inventarne di nuove.
Anche se queste cinque ulteriori espressioni fossero perfettamente appropriate, resterebbe altrettanto grave la presenza delle tre espressioni che avevo citato nella recensione. Nella frase accelerator mass spectrometry la parola mass è indissolubilmente legata alla parola spectrometry a significare spettrometria di massa. Se si traduce, come ha fatto la Marinelli, “acceleratore di massa”, quindi legando la parola mass alla parola accelerator, si ottiene una frase senza senso. Viene allora spontaneo chiedersi se chi traduce in quel modo si renda conto o no che si sta parlando di uno strumento che è prima di tutto uno spettrometro di massa.
Questo libro del 2009 è in non piccola parte una fotocopia di un libro che la Marinelli pubblicò nel 1998 assieme a Orazio Petrosillo (La Sindone, Storia di un enigma). Intere pagine, se non interi capitoli, si ripetono parola per parola. Le otto espressioni (tre più cinque) di cui abbiamo parlato qui, c'erano già, identiche e negli stessi contesti, nel libro del 1998. Questo significa che in dieci anni la Marinelli non si è accorta che c'era qualcosa da cambiare. Ci sarà grata se nel suo prossimo libro potrà finalmente usare per la prima volta una dizione corretta.
Aggiungo che su internet si trova un suo articolo del 2008, oltre a una intervista con contenuto analogo, dove la Marinelli dà la versione peggiore: “metodo di radiodatazione con l'acceleratore di massa”.