L'elmo vichingo (con le corna) di Barbara Frale
di Gian Marco Rinaldi ( [email protected] )
Oggi è nota l'esistenza di un solo esemplare di elmo vichingo che sia sicuramente autentico, pressoché completo (dopo ricomposizione dei pezzi) e in discreto stato di conservazione. È custodito in un museo di Oslo. Si può vedere qui sul sito dell'Università di Oslo dove è indicato come “The world's only existing Viking Age helmet, from Gjermundbu in Ringerike”.
http://www.ukm.uio.no/utstilling/faste/forhistorie/index_eng.html
Ora però Barbara Frale ha fatto un annuncio sensazionale. Ha dato notizia di un altro elmo vichingo. Nel suo recente libro (I Templari e la sindone di Cristo, Il Mulino, 2009) a p. 158, nel fornire esempi di presunti errori di datazione col C14, scrive:
«Senza dubbio però il caso più divertente è quello capitato al laboratorio di Tucson: fu esaminato un elmo tratto da una tomba vichinga che per tutti gli altri aspetti si poteva datare al X secolo, ma il test del radiocarbonio disse che il corno di mucca presente su quell'elmo apparteneva a un bovino che doveva ancora nascere!»
Non può essere lo stesso elmo custodito nel museo di Oslo perché quello (ovviamente) non ha le corna. Quindi si tratta del secondo elmo vichingo al mondo, un reperto davvero eccezionale!
La Frale sa che questo elmo è autentico, tanto che lo porta a dimostrazione di un errore di datazione da parte del laboratorio dell'Università di Arizona (a Tucson) che lo ha datato all'epoca contemporanea. Inoltre sa che l'elmo è stato trovato in una tomba che era vichinga e che “per tutti gli altri aspetti” (quali?) si può datare al X secolo. Si resterebbe in attesa che la Frale ci dia qualche notizia in più sul suo elmo, per esempio, quando e dove è stato trovato, da chi e in quali pubblicazioni è stato studiato, in quale museo si trova. Ma sarebbe un'attesa vana perché, ci si può scommettere, l'elmo non esiste se non nella effervescente fantasia della Frale. (Lei potrà facilmente smentirci fornendo qualche notizia circostanziata, per esempio il nome del museo dove il suo elmo è custodito.)
Da dov'è che la Frale ha preso questa notizia del tutto priva di fondamento? Non ci sbagliamo se supponiamo che abbia attinto alle pubblicazioni dei sindonologi, almeno come spunto di partenza, anche se poi, come vedremo, può avere aggiunto qualcosa di suo. Infatti non c'è nessuno, a parte i sindonologi, che creda ancora che quel corno sia autentico e che la datazione di Arizona sia sbagliata.
Pensiamo di fare cosa utile per la Frale raccontando la storia del suo corno. Cominciamo dall'inizio.
Il corno di Waukegan
Attorno agli anni 1970 ebbe notorietà negli Stati Uniti, in certi ambienti, il cosiddetto “corno di Waukegan” (talvolta indicato anche come “corno di Winnetka”). In quel periodo era in corso una sorta di “caccia al Vichingo”. Alcuni appassionati, in genere americani di origine scandinava, erano alla ricerca di tracce della presenza dei vichinghi sul territorio degli Stati Uniti, ovviamente tracce risalenti a epoca precolombiana. Di tracce infatti ne trovavano, in particolare iscrizioni in caratteri runici, ma purtroppo erano sempre false. A parte gli entusiasmi dei dilettanti, l'argomento interessava anche a livello di cultura seria. Il problema di chi siano stati i primi europei arrivati in America è molto sentito laggiù. Inoltre nel decennio precedente, gli anni 1960, era stato studiato il sito di L'Anse aux Meadows dove gli archeologi avevano trovato prove sicure del passaggio dei Vichinghi attorno all'anno Mille. Ma quel sito si trova sull'isola di Terranova (Canada), mentre si sperava di estendere la presenza dei vichinghi al territorio degli Stati Uniti, in particolare nella zona di nord-est. In fondo non era affatto inverosimile che i vichinghi, essendosi sicuramente stanziati in Groenlandia ed essendo arrivati almeno fino a Terranova, si fossero mossi anche più a sud giungendo sul territorio degli attuali Stati Uniti. Inoltre nel 1965 era stata rivelata al mondo la Mappa di Vinland, che per qualche tempo sembrò essere una prova che un lembo della costa del continente americano era conosciuto in Europa ancor prima di Colombo (poi la mappa si rivelò un falso). Insomma l'interesse era alto.
Ecco allora che qualcuno degli entusiasti cercatori di prove cominciò ad attirare l'attenzione sul nostro corno. Era un corno bovino, rifinito in forma di corno per libagioni (non il corno di un elmo!). Era decorato da due incisioni che raffiguravano divinità dell'Olimpo nordico. Inoltre portava un'iscrizione in caratteri runici che gli appassionati si dedicarono a decifrare. Qualcuno (a suo dire) riuscì perfino a leggere la firma dell'incisore, “Audin ha inciso le rune”, con la data da lui segnata, il 1317.
Lo schizzo in figura riproduce una delle due incisioni. Rappresenta un episodio mitologico della grande battaglia fra gli dei, con Vidar, uno dei figli di Odino, che lotta contro Fenris, una divinità in forma di lupo.
Il corno era in possesso di un tale Ronald Mason, che viveva nello stato del Mississippi ma proveniva dall'Illinois. Diceva di avere trovato il corno molto tempo prima, nel 1952, presso la città di Waukegan, sul Lago Michigan, all'estremità nord-est dell'Illinois. Il luogo non è vicino a Terranova ma si poteva immaginare che i vichinghi, da abili navigatori quali erano, da Terranova avessero risalito il fiume San Lorenzo e fossero arrivati a esplorare i Grandi Laghi.
Le circostanze del ritrovamento del corno non sono chiare. Mason disse che mentre guidava un furgone vide il corno sul bordo della strada, che sporgeva sul fianco di uno scavo, sotto uno strato di poche decine di centimetri di terra. Non sappiamo se dobbiamo credergli, comunque il corno divenne noto come “corno di Waukegan”.
Anche studiosi qualificati, a parte i dilettanti, presero qualche interesse nel corno, ma presto l'antichità dell'oggetto venne messa in dubbio. In particolare le iscrizioni, benché in caratteri che imitavano gli antichi caratteri runici, apparivano come di fattura moderna. Verso la fine degli anni 1970, una associazione di storici della zona dei Grandi Laghi pensò di rivolgersi a Walter McCrone (lo stesso di fama sindonica), che era già noto per avere poco prima esaminato la mappa di Vinland trovandola falsa. In quel periodo McCrone stava prendendo di mira la Sindone. Era bene al corrente dei progressi che erano in corso nella datazione al radiocarbonio con l'invenzione, allora nuovissima, del metodo AMS, lo stesso che sarebbe poi stato applicato alla Sindone. McCrone consigliò di effettuare un prelievo sul corno per una datazione con il nuovo metodo, che richiedeva solo una quantità molto piccola di materiale. Gli storici si procurarono il corno, che Mason concesse loro in prestito, e lo portarono a Chicago. Nel laboratorio di McCrone venne effettuato il prelievo scalfendo un po' di materiale dalla superficie interna del corno. Si dovette aspettare ancora che il laboratorio di Arizona installasse l'impianto AMS e divenisse operativo, nei primi anni 1980, poi il campione del corno venne analizzato e risultò essere di epoca contemporanea, come ci si poteva aspettare.
Il risultato della datazione fu subito accettato anche da quelli che avevano sperato che il corno fosse autentico. Oggi quel corno è stato dimenticato e se ci sono ancora americani di origine scandinava che sperano che i loro antenati vichinghi siano stati i primi europei negli Stati Uniti, però non invocano il corno di Waukegan come prova.
Il corno è stato dimenticato da tutti tranne che da una ristretta categoria, quella dei sindonologi, in particolare alcuni italiani. Loro continuano a credere che la datazione di Arizona fosse sbagliata e quindi che il corno sia autentico. Se Ronald Mason o i suoi eredi possiedono ancora il corno e sperano di venderlo, faranno bene a rivolgersi a qualche sindonologo che sarà disposto a pagarlo a caro prezzo.
La leggenda del corno vichingo comparve fra i sindonologi subito dopo la datazione del 1988. Per esempio in un libro del 1990 di Emanuela Marinelli (con Orazio Petrosillo), si legge che «Il laboratorio di Tucson ha datato un corno vichingo al 2006 d.C.». Gli stessi autori hanno una frase uguale in un loro libro del 1998. Ancora nel suo ultimo libro del 2009, la Marinelli ripete: «Un corno di mucca di epoca vichinga (VII-X sec. d.C.) è stato datato al 2006 d.C. a Tucson.» Anche Marco Tosatti, nel suo libro del 2009, dice: «E, tornando sempre al laboratorio di Tucson, è capitato di datare al 2006 d.C. un corno vichingo (non più vecchio del 1000 d.C.).» (Scrivendo “non più vecchio”, forse Tosatti intendeva “non più recente”.) La Frale può aver visto queste frasi perché i titoli dei libri sono presenti nella bibliografia in fondo al suo volume.
Quando citano una fonte per le informazioni sul corno, i sindonologi ripetono sempre la stessa, il Sunday Times (Londra) del 7 agosto 1988. Secondo la loro usanza, i sindonologi copiano l'uno dall'altro senza mai fare una verifica e quindi probabilmente nessuno di loro ha visto l'articolo (di cui non citano l'autore) a parte il primo della catena che forse non era italiano. L'articolo in questione era di Nick Rufford, un giornalista del Sunday Times. Durante quell'estate del 1988 si era in attesa dei risultati della datazione della Sindone e cominciavano a circolare indiscrezioni su una data medievale. L'articolo di Rufford aveva il titolo “Vatican steels itself for 'fake' results”. cioè il Vaticano si premuniva verso le notizie secondo cui il risultato della datazione condannava la Sindone come un falso. Un modo per difendersi era ricordare che il C14 può sbagliare. Rufford diceva che «previous carbon dating tests on other relics have produced anomalies» e forniva come esempio il caso inglese dell'”uomo di Lindow”, per il quale in effetti c'era stata una discrepanza fra diverse datazioni, poi citava il corno: «Another laboratory in Tucson, which is participating in the shroud tests, dated a Viking cow horn in 2006, 18 years in the future.» Qui Rufford si sbagliava. Forse, non essendo americano, aveva sentito nominare il caso del corno ma non ne conosceva i dettagli. Poteva informarsi presso i colleghi americani, come quello del Chicago Tribune che poco prima, il 26 giugno, dando notizia del fatto che il laboratorio di Arizona aveva concluso i suoi test sulla Sindone, riferiva, come motivo di prestigio per il laboratorio, che esso aveva dimostrato che «the "Waukegan horn" was not made by medieval Norsemen in 1317».
La notizia del Sunday Times è data in pochissime parole e senza dettagli. Sulla base solo di quel piccolo inciso, certi sindonologi hanno adottato il corno vichingo come se fosse una loro mascotte e non se ne sono più separati.
Non so da dove venga quella data del 2006 citata dal giornale e poi sempre ripetuta dai sindonologi. Non ho visto un resoconto del laboratorio di Arizona e so solo che il risultato dava il corno come moderno. Altrove si trova indicato che il risultato fu alla prima metà del secolo XX, ma non so se il dato sia attendibile. Forse il 2006 era l'estremo superiore di un intervallo che era stato fornito come risultato dal laboratorio.
Sarebbe difficile pensare che il corno di cui parla il Sunday Times sia diverso dal corno di Waukegan. Non ci si aspetta che il laboratorio di Arizona datasse molti corni vichinghi in quello scorcio degli anni 1980, tanto meno che ne trovasse uno autentico come è autentico, secondo loro, il corno dei sindonologi. Solo il corno di Waukegan aveva avuto sufficiente notorietà da giustificare una menzione nei giornali. Comunque, se i sindonologi hanno certezza che il corno da loro invocato sia diverso dal corno di Waukegan e sia davvero autentico, potranno fornire qualche ragguaglio in più rispetto a una riga di articolo di giornale.
Non un elmo con le corna!
Torniamo a Barbara Frale. Se probabilmente ha appreso la notizia del corno dai sindonologi, però fornisce dettagli in più rispetto alla poche parole che solitamente i sindonologi ripetono sempre uguali copiando l'uno dall'altro. Dice che il corno è quello di un elmo, mentre il corno di Waukegan era un corno per libagioni, cioè usato per bere o per versare un liquido nelle cerimonie. Poi la Frale sa che il corno è «tratto da una tomba vichinga che per tutti gli altri aspetti si poteva datare al X secolo», e ci si chiede dove abbia trovato queste notizie (certamente false).
Si possono fare due ipotesi. La prima è che la Frale si sia inventata lei stessa dal niente le notizie, e questa sarebbe una colpa piuttosto grave per una storiografa professionista. La seconda è che abbia trovato e usato come fonte un autore, senza dubbio un sindonologo anche se non mi è noto chi possa essere, che si era inventato lui le notizie. In questo secondo caso la responsabilità della Frale sarebbe minore, ma dovrebbe prima o poi sentire un po' di rimorso per essere stata tanto ingenua da accettare per vero, a scatola chiusa, quello che i sindonologi raccontano.
C'è però un'altra colpa che è imperdonabile, quella di aver collocato il suo corno su un elmo vichingo. Lo sanno tutti che i vichinghi non portavano le corna sull'elmo!
Nota aggiunta.
È necessario un aggiornamento. Mi dispiace ma devo sottrarre alla Frale il vanto, che le avevo erroneamente attribuito, di essere stata la prima ad annunciare l'eccezionale ritrovamento archeologico di un elmo vichingo che è il secondo al mondo oltre che il primo (e per sempre l'unico) con le corna. Infatti ho trovato in rete il video di una conferenza tenuta da Emanuela Marinelli a Salerno il 28 marzo 2009 (quindi alcuni mesi prima dell'uscita del libro della Frale) dove dice:
«Un corno di una mucca usato per un elmetto vichingo ha fornito una data nel futuro, addirittura, perché era stato sepolto in una zona inquinata e si era talmente riempito di carbonio radioattivo che ce n'era di più che in una mucca viva.»
Quindi per ora, se non spuntano altri pretendenti, il primato spetta alla Marinelli. (E se vorrà rivelare dove si trova quella “zona inquinata”, potrà anche vantarsi di avere scoperto la prima sorgente naturale di C14 al mondo.)